REAL RELICS #1 – Pink Floyd – Live at Pompeii (di Stefano D’Offizi)

copEstate 1971, Il regista Scozzese Adrian Maben si reca in vacanza a Pompeii con la fidanzata, senza sapere che da una semplice villeggiatura darà vita a qualcosa di unico che resterà nella storia. La sorte gioca un ruolo decisivo quando Adrian, sicuro di aver smarrito il proprio passaporto, torna sui propri passi lungo tutto il percorso, ed è proprio tra rovine, statue e ruderi che inizia a lavorare inconsciamente con la testa.
Nel silenzio più completo, viene a trovarsi al centro del anfiteatro Romano proprio nel momento in cui il sole cala, regalando al regista una visione che porterà con se al rientro a casa. Contatta immediatamente Steve O’Rourke (all’epoca manager dei Pink Floyd) per proporgli il suo progetto, al quale la band si dimostra subito entusiasta. Grazie alla conoscenza personale con il prof. Ugo Carputi dell’università di Napoli, Maben ottiene il permesso della Soprintendenza. Tutto è pronto, ma la band insiste su due punti: registrare il live dal vivo per poter improvvisare e reinterpretare a proprio piacimento, e realizzare il tutto senza alcun pubblico. Una ventina di camion giunsero a Pompeii carichi di strumentazioni necessarie per le registrazioni audio video, ma una volta a destinazione i tecnici realizzano che non c’è abbastanza elettricità per alimentare il tutto. L’inconveniente viene risolto portando la corrente elettrica sul luogo direttamente dal Municipio locale, attraverso un lunghissimo cavo che percorre le strade della cittadina campana, cosa che costò altri tre giorni di lavoro riducendo le riprese a soli quattro giorni. La maestria psichedelica dei Pink Floyd viene convogliata soprattutto in tre brani: la prima metà ed il finale di Echoes, One of These Days, e A Saucerful of Secrets, il tutto eseguito in sezioni separate montate insieme successivamente. Tra ritardi ed inconvenienti vari, Maben e compagnia bella sono costretti a terminare il resto delle riprese al Europasonor, studio cinematografico di Parigi, dove vengono eseguite Set the Controls for the Heart of the Sun, Careful with That Axe, Eugene, la sezione centrale di Echoes e, su richiesta del gruppo, il brano Mademoiselle Nobs (rifacimento strumentale di Seamus dall’album Meddle) nel quale una femmina di Levriero russo chiamata appunto Nobs, di proprietà di una famiglia circense amica del regista, “canta” un blues, accompagnata da Roger Waters alla chitarra e David Gilmour all’armonica mentre il tastierista Rick Wright le porge il microfono.1972-Pink-Floyd-Live-at-Pompeii
Altri inconvenienti si aggiungono alla lista infinita: a budget già ampiamente sforato, Adrian Maben deve terminare il montaggio video tra le mura di casa propria, con la “prima” inglese del film alle porte (inizialmente prevista per il 25 novembre 1972 al Rainbow Theatre di Londra, al ultimo momento bloccata dal gestore del teatro, per ragioni burocratiche mai realmente accertate).
La prima versione del Live at Pompeii vede finalmente la luce nel 1972 inoltrato, conta circa 60 minuti di girato, e la critica dei media lo accoglie già discretamente pur essendo di fatto qualcosa di insolito: il primo concerto privo di pubblico della storia del Rock. Nonostante tutto, secondo il regista il film documentario dura ancora troppo poco per essere presentato ai media, quindi Maben si accorda con i Floyd per riprendere la band durante le registrazioni allo studio EMI di Abbey Road di alcune tracce che faranno parte di quello che probabilmente diverrà il disco più celebre dei Pink Floyd: The Dark Side of the Moon. Questa seconda versione del film, allungata a circa 80 minuti grazie agli inserti sul making dell’album, uscì nell’agosto del 1974, quando The Dark Side of the Moon era già balzato in testa a tutte le principali classifiche mondiali.
Diversi anni dopo, lo stesso Adrian Maben ha rivelato quanto fu difficile realizzare questo live che non vede una versione definitiva fino al 2003 (Director’s Cut che vede l’aggiunta di alcune scene di computer grafica per l’edizione DVD) anche a causa di una grande quantità di pellicola originale che andò persa dopo le riprese del 1972.c13635706a003531a5f7cee3dec95eda_L
Nonostante le difficoltà del caso, tutte e tre le versioni fanno parte di un’opera unica che non può certo mancare in una videoteca che si rispetti.


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Stefano D'Offizi

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