INIT Club: il FURTO di una vecchia DISCARICA ABUSIVA…

IL FURTO DI UNA VECCHIA DISCARICA ABUSIVA

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L’Init prima del recupero e dei lavori effettuati

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DECIDIAMO di raccontare, aggiungendo alcuni passaggi sui protocolli intercorsi negli anni, tra gli assegnatari dello spazio ristrutturato e la Pubblica Amministrazione, la verità su cosa sta accadendo a noi e parallelamente, agli altri spazi assegnati per la cultura e l’attività sociale.

Decidiamo di pubblicare determinate accuse specifiche, dopo aver constatato in modo certo che c’è stato e c’è ancora, un preciso intento di dare una scappatoia ad alcuni dirigenti del comune di Roma, in merito alla cattiva gestione delle assegnazioni, ambito che una parte poco “illuminante” del giornalismo romano ha inteso etichettare sotto la sigla di “Affittopoli”, facendo ricadere in modo confusionario nel girone della corruzione, tutto un contesto in cui è pericoloso non fare invece molta chiarezza.

Questo  per non distruggere ed infamare chi ha operato in tanti anni nella cultura, come anche nel sociale, impegnando ogni risorsa nelle proprie attività, fino a trovarsi poi senza nessuna prospettiva, con richieste economicamente macroscopiche da parte della pubblica amministrazione, che, da parte sua, ne esce addirittura rafforzata nella propria autorevolezza e senso di giustizia.

La maggior parte di queste realtà, per lo più associazioni culturali, spesso distanti tra loro nelle finalità, sono però accumunate da richieste ingenti di somme di denaro da parte del dipartimento patrimonio, totalmente spropositate e fuori dalla loro portata finanziaria.

Credere alla buona fede di questi atti amministrativi, dove ci sono sanzionate cifre assurde che in seguito all’impossibilità ad essere coperte, hanno generato un’ ondata di sfratti su tutta Roma, sarebbe una dimostrazione di ingenuità che non possiamo permetterci, dopo quante ne abbiamo viste, di queste politiche “amministrative”, in quasi 20 anni di attività.

INFATTI  non solo non lo crediamo, ma riportiamo di seguito alcuni tra gli atti formali intercorsi tra noi ed il dipartimento del patrimonio del comune di Roma, che proveranno la veridicità delle accuse che stiamo formulando contro la sua direzione, anticipando alcuni tra i punti essenziali in cui alcuni dirigenti, saranno portati a rispondere nelle opportune sedi giudiziarie

Premettiamo che la totalità della documentazione sulle ristrutturazioni dell’edificio che ci venne assegnato nel febbraio dell’anno 2000, ma effettivamente consegnato a novembre del 2002, è stata protocollata in tutti questi anni dal dipartimento e che tutte le opere di ristrutturazione sono state condotte con uno scambio costante tra l’architetto incaricato dalla nostra associazione e i tecnici comunali. Tutte le opere, tra bonifica e ristrutturazioni, sono state eseguite solo dopo richiesta e conseguente rilascio, dei nulla osta necessari, partendo dalla prima competenza relativa al parere del Ministero dei Beni Culturali, sotto il quale, ricade la responsabilità delle ristrutturazioni, che nel caso dello stabile conosciuto come INIT, rientrano nella dicitura di “Immobili in particolare stato di degrado”.

Facciamo ora un salto ed arriviamo alla fase attuale, quella che inizia con il commissariamento della giunta Marino, sotto la responsabilità di Tronca, da cui è partita l’ondata di sfratti e sgomberi, firmata dal dipartimento patrimonio di Roma, contro le realtà associative a cui gli spazi erano stati assegnati a partire dal 1996; spazi il più delle volte fatiscenti, in cui operare dopo le formali richieste che avrebbero dovuto – come è avvenuto nel caso dell’Init – essere approvate dallo stesso dipartimento.

Tutto questo senza dimenticare un particolare molto importante: la giunta dell’ex sindaco Marino, prima di lasciare le redini, formalizza un decreto che permetterà al commissario Tronca di attuare questa nuova fase di recuperi forzosi, prima ancora delle pronunce giudiziarie sulle relative cause risarcitorie.

SI potrebbe arrivare a dedurre che ci sia stata continuità tra Marino ed il commissario Tronca, cosa che risulterebbe quantomeno curiosa, visto come si erano succeduti i fatti che hanno portato alla caduta della giunta.

COMUNQUE ci riferiamo alla delibera 140/2015, meglio conosciuta come “legge sugli sgomberi”

nata a seguito di indagini giudiziarie secondo le quali in sostanza, in base a calcoli del tutto approssimativi, sarebbe dovuto gravare sugli stipendi dei dirigenti il peso degli oneri (presunti) non riscossi dall’amministrazione, generando per questo motivo una corsa agli sfratti che stanno desertificando tutto il territorio.

ECCO cosi spiegato il motivo di cosi tanta solerzia nell’attuazione di questa fase di “oscurantismo” della cultura romana: non correre il rischio di vedersi decurtato lo stipendio

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ALTRO CHE GIUSTIZIA, in questo modo si sta risolvendo la questione a danno delle associazioni assegnatarie.

Ma con tutta questa solerzia si rischia di commettere degli errori che noi vogliamo documentare quelli che nello specifico, sono stati commessi a nostro danno.

ERRORI gravi che dimostreranno, senza dubbi, l’illegittimità del nostro sfratto. E non ci vuole uno particolare sforzo d’immaginazione per arrivare a comprendere che tutte le altre realtà sono state trattate alla stessa maniera, per gli stessi motivi. Noi ne siamo convinti.

I FATTI

Dalla fine della prima fase della ristrutturazione dell’immobile, nel 2009 abbiamo comunicato al dipartimento patrimonio del comune di Roma l’esecuzione dei lavori ed il dettaglio delle spese sostenute dalla nostra associazione culturale, tramite perizie giurate, con protocollo 23102 del 07/09/2009 con relativa richiesta di contrattualizzazione, come previsto dalla legge 202/96.

La contrattualizzazione non arrivava a compimento e dopo altri incontri abbiamo consegnato di nuovo le documentazioni il 22/11/2012 con protocollo n° 25801 (intanto cadeva un’altra giunta e la contrattualizzazione non veniva ancora effettuata).

Dopo successivi colloqui negli uffici del dipartimento ed ulteriori lavori effettuati per la miglioria dello stabile (che abbiamo accatastato Noi, portandolo da C3 a C1), siamo tornati ad integrare tutte le documentazioni precedenti con delle nuove, nel 2015 e gennaio 2016 con un nuovo protocollo n° 1695.

Nonostante tutti i carteggi, planimetrie, permessi del ministero dei beni culturali e di tutti i dipartimenti competenti e non ultime, le ingenti spese e risorse investite in questa opera, il dipartimento ci invia sfratto esecutivo in base ad una determina (del 21/12/2015) dove veniva fatto un calcolo del valore solo per usufrutto, con tanto di metratura inventata (basta chiedere planimetrie all’ufficio catastale per conferma del macroscopico errore) e su un valore a mq. calcolato dalla fine delle nostre ristrutturazioni, invece che dalla consegna, valore che per l’esattezza al momento risulta decuplicato dopo il risanamento effettuato a nostre spese.

Va aggiunto che non sono state detratte le (ingenti) spese effettuate da noi e non è stato applicato l’abbattimento del canone, come previsto dalla legge 202, che nell’articolo 5 regola il risanamento dei “manufatti in particolare stato di degrado” – come sarebbe invece dovuto – con una risoluzione positiva, dopo che le opere sono state autorizzate dal ministero dei beni culturali e dai dipartimenti comunali competenti, nonchè dagli enti preposti e dal Tribunale di Roma che ci consentiva di continuare la ristrutturazione dello stabile, già dal 2006.

Fino ad arrivare all’ultimo nulla osta della competenza paesaggistica QI 16072 del 29/01/2016 per le finiture esterne, che porterebbe la ristrutturazione al compimento definitivo e darebbe al dipartimento la possibilità di applicare il contratto entro 12 mesi dal suo rilascio (quindi entro gennaio del 2017) con relativo abbattimento sul canone, come previsto dalla legge 202/96.

Quindi la “fotografia” che inquadra la nostra situazione non solo delinea contorni molto diversi da quelli tracciati dalla determina firmata dalla Dirigente del dipartimento patrimonio del comune di Roma, dott.ssa Clorinda Aceti, ma lascia soprattutto intravedere sullo sfondo un panorama più inquietante, dove si scorge una precisa premeditazione nel portare avanti questa operazione. Secondo noi si tratta di un palese ABUSO, che se da una parte si giustifica con le indagini cui abbiamo fatto riferimento, dall’altra sembra essere condotta con una particolare “fretta” che ha comportato l’ OCCULTAMENTO delle relazioni tecniche da noi puntualmente consegnate al comune di Roma.

Vediamo come:

“La Dottoressa CLORINDA ACETI”

Dirigente di lunga data del dipartimento patrimonio del comune di Roma, la dottoressa Aceti è la firmataria di molte determine di riscossione (spropositate oltre che infondate, vedi quella nei nostri confronti) e delle conseguenti ingiunzioni di sfratto cui hanno fatto seguito gli sgomberi.

Segnaliamo per la cronaca che risulta essere indagata dal dicembre 2015 nel processo su “MAFIA CAPITALE” e che dopo aver firmato quella contro di noi (e probabilmente molte altre) nel 2016, è entrata in pensionamento, alla fine di una carriera di Dirigenza negli uffici del Comune di Roma.

Alla dott.ssa Aceti la nostra associazione aveva nel tempo, consegnato e protocollato tutte le planimetrie, le documentazioni, le relazioni tecniche, i nulla osta e le perizie giurate, dei costi sostenuti, nei protocolli sopra riportati, dal 2009 al 2016.

 

NONOSTANTE ciò la Dirigente, facendo apparire la sua estraneità alla questione, scrive una lettera all’ufficio dei Beni Culturali del comune di Roma (prot. 31241 in data 25/11/2015) chiedendo se da quell’ufficio fossero stati concessi i permessi alle ristrutturazioni di cui lei sostiene non essere a conoscenza, (dato di cui in realtà è invece in possesso dal momento che ha ricevuto, come dimostrato, tutti gli incartamenti negli anni precedenti);  prima di avere effettiva risposta dal su citato ufficio, fa partire in data 21/12/2015 la determina che attuerà il recupero dello stabile a nostro discapito (di fatto una laconica risposta di estraneità arriva sulla scrivania della Aceti,  con prot. 34586 del 29/12/2015, nove giorni dopo che la stessa aveva gia fatto partire la determina di sfratto, ed a nulla sono valsi i nostri ulteriori tentativi di informare la dirigente sui carteggi, con il nostro ultimo protocollo  n° 1695 del 26/01/2016.

Va aggiunto, a dimostrazione di quanto detto, che la Dirigente non poteva non sapere che l’ufficio comunale dei Beni Culturali a cui aveva fatto richiesta, non aveva la competenza nel rilascio dei nulla osta in questione, ma che è dal Ministero dei Beni Culturali che si autorizzano questo tipo di interventi.

La richiesta invece è stata fatta nei tempi giusti ottenendo i permessi relativi al recupero del manufatto ed alla bonifica dell’area (prot. N° 12875 e 13783 del 2004), che sempre per la cronaca, prima dell’assegnazione a nostro favore, era una DISCARICA ABUSIVA.

Clorinda Aceti dovrà spiegarci il motivo di questa fretta e delle tante omissioni rispetto alle documentazioni più volte ufficialmente consegnatele e che riguardavano il recupero di uno stabile più che fatiscente, lasciato per oltre 50 anni in uno stato di totale degrado e che solo dopo il nostro intervento manutentivo è diventato talmente interessante da essere recuperato con la forza pubblica , nei nostri confronti.

ORA NOI attualmente siamo additati come fuorilegge morosi ai danni dell’erario ed impossibilitati

a recuperare tutti i nostri materiali “strutturali” che il comune di Roma ha fatto propri con l’uso della forza, prima ancora di una pronuncia della magistratura.

Va da se che…

E’ INUTILE PARLARE DI “ARTE” IN MEZZO A TANTA BARBARIE !!!

Per ulteriori dichiarazioni potete scrivere a gp.init@gmail.com


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Stefano D'Offizi

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