#LAGUERRADIPIERO: Andare a 90 e guardarsi indietro… (di Piero Guerra)

Ho sempre odiato quelli che “però ai miei tempi… “ e, infatti, cercherò, nel limite del possibile, di evitarlo in tale rubrica che tanto gentilmente mi è stata offerta. Quando ho pensato a cosa avrei potuto scrivere in uno o più ipotetici articoli musicali, ho cercato di focalizzare l’argomento a me forse più caro e di cui avrei potuto scrivere con il cuore in mano (in senso metaforico). Non ho un genere musicale preferito e non mi focalizzo o escludo a priori qualcosa. Apprezzo Franco Battiato come i Pantera, per intenderci. Ho preferito quindi scegliere, più che un genere o un argomento, un periodo, ovvero quello a cui sono più affezionato, nel caso specifico gli anni ’90. Solitamente quel tempo in cui si sta crescendo e si è adolescenti spesso è ricordato come il migliore, ma è una questione emotiva, in cui ogni sensazione è accompagnata dal sottofondo dell’epoca: film, libri, musica, tendenze, per le quali ogni ricordo è ricondotto alla sensazione stessa (talvolta anche solo inconsciamente).

Torniamo a noi, dicevo che in questi articoli vorrei cercare di trasmettere, con tutta l’umiltà possibile (non sono un giornalista, tanto meno uno scrittore o un teorico di alcunché), quello che per me sono stati quegli anni, riconducendo il tutto alla sfera musicale. Se penso al me stesso di allora, mi vedo come uscito da film come Tutti Giù Per Terra, in cui il protagonista (un giovane Valerio Mastandrea) si muove con cautela in un mondo in cui non sa che strada intraprendere. L’incertezza! È forse questa la cosa che ricordo e che probabilmente ha caratterizzato quegli anni. I giovani degli anni 70 volevano cambiare il mondo, quelli degli anni 80 volevano solo divertirsi e quelli dei 90? Cresciuti troppo tardi per il vinile e troppo presto per internet, come qualcuno ha detto. Sono stati, però anche anni in cui la musica ha spaccato letteralmente i culi, avete presente, per fare solo un esempio, le rock band nate in Italia in quegli anni? CSI, Massimo Volume, Marlene Kuntz, Afterhours, solo per citarne alcuni. Quanti vostri conoscenti suonavano in cantina o in qualche stanza dell’oratorio? I gruppi partivano dai garage e potevano arrivare ovunque. Tutto questo prima che i nostri occhi iniziassero a posarsi sullo schermo di un computer e stupirci che imparare, scrivere, suonare e farsi conoscere si può fare anche stando seduti. Concludo prima di arrivare a quel “però ai miei tempi…” (che forse ho già superato) e spero che questi interventi possano in qualche modo piacere. Alla prossima,
vostro Piero…


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Stefano D'Offizi

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