Messa – Feast For Water (Aural Music, 2018) di Giuseppe Grieco

Feast For Water, ovvero la liquidità fatta musica. I padovani Messa, dopo aver esordito con il più che valido Belfry, ritornano con un album che sorprende sotto quasi tutti i punti di vista. Poco fa lo definivo liquido, per una serie di ragioni. In primis per il tema portante, che appunto si focalizza sull’elemento acquifero. In secondo luogo per lo stile musicale che anima il disco: da una base consolidata di doom settantiano di sabbathiana influenza si diramano contaminazioni blues, ambient, jazz, stoner, che come affluenti si calano nel filone principale, unendovisi alla perfezione e senza ombra di sbavature.…

Score

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POTENZIALITA'
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Feast For Water, ovvero la liquidità fatta musica.

I padovani Messa, dopo aver esordito con il più che valido Belfry, ritornano con un album che sorprende sotto quasi tutti i punti di vista. Poco fa lo definivo liquido, per una serie di ragioni. In primis per il tema portante, che appunto si focalizza sull’elemento acquifero. In secondo luogo per lo stile musicale che anima il disco: da una base consolidata di doom settantiano di sabbathiana influenza si diramano contaminazioni blues, ambient, jazz, stoner, che come affluenti si calano nel filone principale, unendovisi alla perfezione e senza ombra di sbavature. Terzo, per il timbro vocale della cantante Sara, che va dal profondo al sensuale, dal misterioso al ferreo, e tutto con un’abilità davvero stupefacente.

Passando al disco in sé, il compito di intro spetta a Naunet, rifacentesi alla figura della divinità egizia rappresentante la parte femminile delle acque. Dal suo pacato incedere ambient Naunet esplode al suo termine in una scarica noise, cedendo il passo a Snakeskind Drape, che mostra velocemente le importanti migliorie tecniche e di songwriting rispetto a Belfry, partendo dal sound notturno d’inizio brano per arrivare alle pennellate blues e le sferzate stoner. Leah, brano scelto dalla band come anteprima del disco, coagula in sé le principali influenze del gruppo, con intermezzi che personalmente mi hanno molto ricordato il vellutato dark jazz dei Dale Cooper Quartet & The Dictaphones o dei Bohren & Der Club of Gore. La massiccia The Seer dimostra come i Messa sappiano fare del doom in continua evoluzione, mentre in She Knows torna l’oscura tinta del dark jazz, seguita da Tulsi, il brano più sporco ed estremo dell’album, infarcito di un inatteso assolo di sax. Seguono infine l’inquieta e solida White Satin e Da Tariki Tariqat, outro strumentale strizzante l’occhio all’occultismo mediorientale.

Feasts For Water rappresenta la consacrazione della band padovana, che con un esordio interessante e un seguito di eccezionale fattura si pianta solidamente tra i migliori rappresentanti del filone doom, riuscendo ad arricchirlo senza snaturarne l’essenza. Senza dubbio uno dei migliori album dell’anno.

Tracklist:

  1. Naunet
  2. Snakeskin Drape
  3. Leah
  4. The Seer
  5. She Knows
  6. Tulsi
  7. White Stains
  8. Da Tariki Tariqat


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Giuseppe Grieco

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