Dead Can Dance – Dionysus (PIAS Recordings, 2018) di Alessandro Guglielmelli

I Dead Can Dance tornano dopo 6 anni di assenza e lo fanno in grande stile con Dionysus, il nono album registrato in studio, un album evocativo, avvincente, quasi epico, visto i temi trattati. Il talentuosissimo duo anglo-australiano, composto da Lisa Gerrard e Brendan Perry, dimostra di essere formato da artisti a tutto tondo: la prima, premiata con il Golden Globe nel 2001 assieme ad Hans Zimmer per la colonna sonora de Il Gladiatore, possiede la gamma vocale di un contralto, mentre il secondo suona indistintamente strumenti comuni come basso, chitarra e mandolino, fino ad arrivare a strumenti molto…

Score

ARTWORK
POTENZIALITA'
CONCEPT

Voto Utenti : 3.43 ( 2 voti)
I Dead Can Dance tornano dopo 6 anni di assenza e lo fanno in grande stile con Dionysus, il nono album registrato in studio, un album evocativo, avvincente, quasi epico, visto i temi trattati. Il talentuosissimo duo anglo-australiano, composto da Lisa Gerrard e Brendan Perry, dimostra di essere formato da artisti a tutto tondo: la prima, premiata con il Golden Globe nel 2001 assieme ad Hans Zimmer per la colonna sonora de Il Gladiatore, possiede la gamma vocale di un contralto, mentre il secondo suona indistintamente strumenti comuni come basso, chitarra e mandolino, fino ad arrivare a strumenti molto più particolari come il bouzouki, la ghironda ed il dulcimer, strumenti tipici rispettivamente della cultura greca, medievale ed irlandese.
Risulta quindi chiaro il motivo per cui si faccia fatica ad attribuire un’etichetta alla loro musica: world-fusion, new wave, mystic, tribal, new age e chi più ne ha più ne metta.

Parlando di Dionysus, più che un’opera, si tratta di un vero e proprio viaggio nel tempo, un affresco sonoro in un certo senso: chi ascolta si lascia presto rapire dall’atmosfera e viene calato in una realtà antica, una realtà che racconta diversi passaggi della vita di Dioniso, dio dell’estasi, del vino, dell’ebbrezza e della liberazione dei sensi. Non ci si lasci ingannare, la Grecia è solo il punto di partenza di un viaggio che fa il giro del mondo, dall’Europa al Medio Oriente, passando per il centro America ed il continente africano, fino a toccare le terre aborigene ed il lontano Oriente, come si intuisce, oltre che dagli strumenti utilizzati, anche dalla copertina del disco, una maschera tipica degli Huichol, popolazione della Sierra Madre messicana, terra famosa per le sue celebrazioni estatiche a base di peyote.

L’opera comprende 2 atti, lunghi ciascuno una quindicina di minuti circa: il primo, diviso nelle 3 sezioni Sea Borne, Liberator of Minds e Dance of the Bacchantes, immerge l’ascoltatore in mezzo al mare, tra tamburi dal ritmo ipnotico e la gadulka, uno strumento musicale di origine bulgara, simile ad una lira. Sea Borne si apre con il campionamento dello sciabordio delle onde e del vento che soffia, riportando alla mente una barca che solca il mar Mediterraneo, a testimonianza dell’arrivo di Dioniso sul suolo ellenico. Liberator of Minds e Dance of the Bacchantes mostrano invece un Dioniso già perfettamente integrato con le tradizioni millenarie del luogo, in un climax ascendente di ritmi tribali, di musiche orientali, di urla e di richiami.

Il secondo atto si apre con il brano The Mountain, che porta quindi l’ascoltatore presumibilmente in cima al monte Nisa, luogo in cui si narra sia nato Dioniso, tra cornamuse e cori, tra campanacci e greggi di pecore, altro field recording di spessore. The Invocation di fatto rappresenta il coro che convoca il dio per partecipare ad una cerimonia, come sottolineato dall’atmosfera sacrale, ben sviluppata dalla voce femminile isolata e dal coro di risposta.

La successiva The Forest è invece caratterizzata da un’altra voce, quella della natura, fatta di cinguettii e versi notturni, con una voce di un santone indiano a fare da guida spirituale, in un perfetto equilibrio uomo-natura. La conclusiva Psychopomp chiude il lavoro dei Dead Can Dance, una sorta di nenia in cui il tempo sembra fermarsi, perso tra le armonie del brano. Da sottolineare l’alternarsi delle voci di Lisa e Brendan in una lingua impossibile da capire: si tratta dell’idioglossia, una lingua che di fatto non esiste, ma che ha una sua dignità musicale, “la lingua del cuore”.

Dionysus non è un semplice album, è un viaggio nel tempo musico/strumentale che ha la straordinaria capacità di evocare immediatamente a chi lo ascolta immagini cinematografiche di tempi antichi, di leggende e di storie lontane. Un album che si caratterizza per la sua originalità a livello compositivo e sonoro, oltre per la tecnica realizzativa portata avanti da Lisa e Brendan. Sarà molto interessante vedere la resa visiva di questo spettacolo, previsto a Milano il 26 ed il 27 maggio 2019, presso il Teatro degli Arcimboldi.

Tracklist:

  1. ACT I: Sea Borne
  2. ACT I: Liberator of Minds
  3. ACT I: Dance of the Bacchantes
  4. ACT II: The Mountain
  5. ACT II: The Invocation
  6. ACT II: The Forest
  7. ACT II: Psychopomp


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Alessandro Guglielmelli

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