The Scars In Pneuma – The Path Of Seven Sorrows (Promethean Fire, 2019) di Alessandro Guglielmelli

Non è facile trovare un album di debutto così convincente in un ambiente “underground” come quello del black metal, risultato ancora più sorprendente se si pensa che l’album in questione è opera di una band italianissima, denominata The Scars in Pneuma. The Path of Seven Sorrows è un debut album composto da sette tracce, per un totale di trentotto minuti: un sapiente lavoro mirato al perfezionismo ricercato in ogni singola nota, grazie a questo progetto lanciato da Lorenzo Marchello (voce, chitarra e basso), cui si sono affiancati Francesco Lupi (chitarra) e Daniele Valseriati (batteria). Pur riscontrando differenti influenze, in…

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Non è facile trovare un album di debutto così convincente in un ambiente “underground” come quello del black metal, risultato ancora più sorprendente se si pensa che l’album in questione è opera di una band italianissima, denominata The Scars in Pneuma.

The Path of Seven Sorrows è un debut album composto da sette tracce, per un totale di trentotto minuti: un sapiente lavoro mirato al perfezionismo ricercato in ogni singola nota, grazie a questo progetto lanciato da Lorenzo Marchello (voce, chitarra e basso), cui si sono affiancati Francesco Lupi (chitarra) e Daniele Valseriati (batteria).

Pur riscontrando differenti influenze, in primis Dissection, Mgła, Emperor e Rotting Christ, il trio bresciano si destreggia ottimamente tra i vari stili, a cominciare dalla opening track Devotion, suprema rappresentazione del black metal, con riff di chitarre che si intrecciano, mentre la batteria in sottofondo non lascia alcuno scampo. La traccia successiva, Souls Are Burning, si fa strada con gli strumenti all’unisono, una marcia inesorabile contro i demoni interiori, fino a quando non interviene una voce femminile (nella fattispecie Irene Ettori) a calmare l’atmosfera. Ma è una pausa effimera, perché con la successiva Spark to Fire to Sun ricomincia ad ardere il fuoco. Quello stesso fuoco che ritroviamo peraltro in copertina, Il Fuoco di Notte di Francisco Goya, elemento artistico che impreziosisce l’intera opera.

All The Secret That We Keep parte giusto un poco più rallentata, per tornare ben presto sui ritmi iniziali, gli stessi che caratterizzano Dark Horizons Ahead, ma la cosa più interessante è che non ci si annoia mai, tra melodie che passano e la doppia cassa che incalza, tra pulitissime linee di chitarra ed una voce growl sì roca, ma quasi annegata negli strumenti: è questo probabilmente l’esempio più eclatante di un mix di suoni non sempre perfetto, oltre ad una batteria spesso lasciata in secondo piano.

The Glorious Empire of Sand, con il suo cadenzare malinconico, accompagna per mano l’ascoltatore alla fine di una notte buia, fino a quando, con la traccia conclusiva, Constellations, non torna una pallida luce a ridare fiato alla speranza.

In definitiva, un album veramente ben fatto, tanto da attendere con ansia un seguito, oltre ad una performance live che metta in mostra il talento di questi ragazzi. Bravi, bravi, bravi!

Tracklist:

  1. Devotion
  2. Souls Are Burning
  3. Spark to Fire to Sun
  4. All The Secret That We Keep
  5. Dark Horizons Ahead
  6. The Glorious Empire of Sand
  7. Constellations


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Alessandro Guglielmelli

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