Frontiers Rock Festival VI – Day 1 (Report di Alessandro Masetto – Foto di Giovanni Cionci)

Report a cura di Alessandro Masetto – Fotografie di Giovanni Cionci

  Anche questa  sesta e palpitante edizione del Frontiers Rock Festival (appuntamento fisso e imperdibile per ogni amante delle sonorità più melodiche del Metal), si svolge regolarmente verso fine Aprile (suddivisa in due giornate separate, sabato e domenica), nella splendida cornice del Live Club di Trezzo, a due passi da Milano, diventata location fissa e scelta consolidata dalla prima edizione. Questa nuova edizione si è  aperta con qualche critica iniziale, circa alcune scelte degli organizzatori , come ad esempio il posizionamento come headlinear della prima giornata di Alan Parsons, ritenuto da  alcuni non attinente con il genere proposto al Frontiers. A conti fatti, direi  che invece, al contario, i fatti hanno fortunatamente smentito questi “esperti di musica”, facendo vincere nettamente la scommessa a chi ci ha creduto e lo ha voluto fortemente nella manifestazione, portando sul palco del Live Club  un personaggio storico, dal carisma unico, che ha avuto la capacità di dimostrare cosa vuol dire saper comporre musica con la M maiuscola. Il Frontiers di questa sesta edizione è stato un successo complessivamente di partecipazione nelle due giornate in programma, e, anche se  non verrà ricordata  come l’edizione migliore delle sei, certamente lo sarà come quella di maggior varietà della proposta. Ci sono state alcune delusioni (Ten su tutti), esibizioni di altri artisti con “luci ed ombre” (Steve Augeri),  piacevoli sorprese (King Company), riconferme (The Defiants, Hardline, W.E.T.), eccellenze (Keel, Burnig Rain), esibizioni memorabili (Paul Laine e Ted Poley, storiche voci dei Danger Danger, intenti contemporaneamente a dividersi lo stesso palco durante lo show dei The Defiants). I  suoni non sono stati sempre perfetti ma neppure brutti, e se non fosse stato per il nutrito gruppo di fedelissimi stranieri provenienti un po’ da tutta Europa, da sempre presenti fin dalla prima edizione del Frontiers, potremmo  dire che il pubblico italiano più  incline ed avezzo a questo tipo di sonorità melodiche, ha un po’ “tradito” e  disertato l’evento. Ma i conti, come si suol dire, si fanno sempre alla fine…e il verdetto finale recita che  è stato un validissimo e riuscitissimo  Frontiers , con appunto un’ottima affluenza, superiore nella giornata di sabato, ma più che buona nei numeri anche per quanto concerne la domenica. Da amante del genere in questione, mi sento di dire un  grazie a tutto lo staff del Frontiers, che lavora sodo e ininterrottamente di anno in anno per potere offrirci  kermesse prestigiose di questo livello, che fino a qualche annetto fa erano solo un sogno o un lontano miraggio in Italia. Purtroppo, a causa della lunga coda formatasi  davanti l’ingresso, ci siamo persi  l’esibizione apripista degli emergenti Creye, posizionati come prima band in apertura di giornata, che speriamo di potere riammirare in occasioni future.

 

AIRRACE

La prima esibizione a cui abbiamo la possibilità di assistere è quella degli Airrace, storica formazione britannica, impostasi nel 1984 con l’ottimo album Shaft of Life, considerato uno dei migliori album di hard rock melodico e AOR e che, all’esordio, vantava tra i suoi membri un certo Jason Bonham (sì, proprio il figlio del mitico John Bonham, indimenticabile batterista dei Led Zeppelin). Sul palco del Frontiers la band si dimostra coesa ed energica, fornendo al pubblico validi motivi (musicali) per entrare subito nel festoso clima del festival.

Setlist:

  • I Don’t Care
  • Eyes Like Ice
  • New Skin
  • Not Really Me
  • First One Over the Line
  • Summer Rain
  • Running Out of Time
  • Different but the Same
  • Brief Encounter

 

JEFF SCOTT SOTO

Definire Jeff Scott Soto uno dei più grandi vocalist del panorama  hard rock mondiale attuale appare scontato e quasi riduttivo per chi segue da anni questo genere. Fuoriclasse indiscusso nei Talisman e da solista, mette in scena oggi una prestazione straordinaria, perfetta, priva di qualsiasi macchia, al limite della perfezione, nonostante non fosse stato agevolato da suoni iniziali  tutt’altro che perfetti. Ma la classe appunto non è acqua, e Soto sa andare ben oltre l’ostacolo, sfoderando una prestazione maiuscola che ha lasciato tutti di sasso! Si parte forte con Drowining, ma la prima esaltazione vera del suo show giunge con la sempreverde e vincente  Eyes Of Love preceduta da Look Inside Your Heart, altro brano mozzafiato. Non poteva mancare in scaletta  un pezzo dei Talisman, e allora eccoci  serviti e accontenti con I’ll Be Waiting, preludio della conclusiva Stand Up And Shout, con il pubblico in estasi, impegnato nello  scandire in coro il ritornello “Stand Up, Stand Up”! Il giorno dopo, con i W.E.T., Soto riuscirà perfino nell’impresa di eguagliare (se non superare) questa performance da incorniciare! Emozionante come pochi Soto in sede live. Totale!

Setlist:

  • Drowining
  • 21 Century
  • Believe In Me
  • Look Inside Your Heart
  • Eyes Of Love
  • Soul Divine
  • Our Song
  • Holding On
  • I’ll Be Waiting
  • Stand Up And Shout

 

TEN

I Ten hanno rappresentato per me la delusione della giornata e complessivamente di questa edizione del Frontiers. Non sono mai stato un loro fan, questo è indubbio e lo ammetto, ma la loro esibizione l’ho trovata fredda  e priva di mordente, per non dire noiosa a tratti. Gary Hughes è un bravissimo vocalist, e anche gli altri musicisti non sono da meno, ma questo AOR a tinte epic/folk  molto particolare dei Ten non mi ha mai preso su disco, men che meno oggi  in sede live. La datata  Gunrunning, After The Love Has Gone e  la conclusiva   The Name Of The Rose, sono stati gli unici sussulti  di uno show che ha deluso molto le mie attese, nonostante riconosca il loro innegabile  valore artistico. 

Setlist:

  • The Robe
  • Shaild Wall
  • Speelbound
  • Gunrunning
  • Ten Fathoms Deep
  • After The Love Has Gone
  • Jekyll & Hide
  • Red
  • The Nome Of Rose

 

HARDLINE

Per gli Hardline, storica hair/hard rock band americana fondata nel 1992 dai fratelli Italo americani Joey e Johnny Gioeli, questa è stata la seconda apparizione sul palco del Frontiers, e per certi versi ancor più convincente e grintosa di quella pur ottima passata. Di quella storica formazione oggi è rimasto il solo il vocalist originale Johnny Gioeli, che si avvale di una formazione tutta italiana, che orgogliosamente rappresenta un monicker così importante nel mondo. Il talento di Gioeli è consolidato e risaputo da tempo, e anche in quest’occasione non ha certo deluso, cantando ai massimi livelli da inizio a fine show, intrattenendo con simpatici siparietti il pubblico, per poi demolirci con i suoi acuti devastanti! Citazione particolare merita senza alcun dubbio Alessandro Del Vecchio, mente creativa, produttore e compositore di quasi tutte le musiche e le liriche degli Hardline, nonché talentuoso tastierista, dotato pure di una voce splendida voce che si incastra perfettamente con quella di Gioeli. Anna Portalupi al basso poi ha dimostrato una padronanza del palco e una personalità non certo comuni per un bassista. La storica Everything e le più recenti Love Is Gonna Take You Home, Fever Dreams,hanno regalato brividi ed emozioni sulla schiena in quantità industriali, anche se il momento più emozionante è stato quando il mitico Deen Castronovo ha raggiunto a sorpresa la sua ex band sul palco, per riproporre live Life’s A Bitch e In The Hands Of Time, estratti del capolavoro Double Eclipse, quando molti anni fa or sono registrò il disco e vi suonò la batteria. L’ultimo tuffo nel passato avviene con la conclusiva Rythm From Red Car ( ennesimo estratto di Double Eclipse), che sigilla una prestazione complessiva da incorniciare per gli Hardline, leader assoluti e capostipiti del genere, in  passato, nel presente e speriamo anche in futuro, protagonisti indiscutibili di questa  prima giornata del Frontiers! 

Setlist:

  • Placet To Call Home
  • Takin’Me Down
  • Love
  • Take A Chance
  • Where  Will  We  Go From Here
  • Page Of Your Life
  • Life’s A Bitch
  • In The Hands Of Time
  • Love Is Gonna Take You Home
  • Everything
  • Hot Cherie
  • Fever Dreams
  • Rhythm From A Red Car

 

THE DEFIANTS

I The Defiants, band statunitense dedita a un hard rock americano a tinte vagamente glam, tornano al Frontiers anche loro, come gli Hardline, per la seconda volta, e lo fanno lasciando il segno. Avendo un solo disco finora all’attivo, ed essendo formati da due Danger Danger (Bruno Ravel e Rob Marcello) più un ex, Paul Laine, hanno proposto un set di pezzi  suddiviso  tra la loro band primaria e questo progetto sfizioso, convincente dal primo ascolto. Paul Laine, è apparso piuttosto appesantito fisicamente, ma in forma vocale strepitosa: la sua ugola non ha mai avuto alcun cedimento, dimostrandosi un musicista completo in considerazione del fatto che oltre che cantare suona pure la chitarra ritmica. Bruno Ravel si conferma invece un talentuoso bassista oltre che affermato compositore, e Rob Marcello, un validissimo chitarrista,  senza volere mai strafare. Love And Bullets e Waiting On A Heartbreak sono graffianti  ed incisive dal vivo quanto su cd, ma è sui pezzi dei Danger Danger che il pubblico perde il lume della ragione (compreso il sottoscritto )! A sorpresa, appare Ted Poley sul palco, storico e indimenticabile primo vocalist dei Danger Danger , che in duetto con Paul Laine ci spara come dei proiettili a distanza ravvicinata e in una sequenza letale, Don’t Break My Heart, I Still Think About You e Don’t Blame It On Love, facendoci  battere forte il cuore , carico e colmo di emozioni, riportando la mente a ritroso  in un suggestivo viaggio nel passato..In chiusura un altro classico del repertorio Danger Danger, Bite The Bullet, cantata ora solamente dal mitico Paul Laine, che oggi ha davvero stupito e  incantato tutti. Fantastici The Defiants!

Setlist:

  • Love And Bullets
  • Still Kick-Wan
  • Waiting On A Heartbreak
  • Low
  • You Had My Heart
  • Dorianna
  • Don’t  Break My Heart
  • I Still Think About You
  • Goin’ Goin’ Gone
  • Don’t Blame It On Love
  • Runaway
  • Take Me Back
  • Beat The Bullet

 

ALAN PARSONS PROJECT

Premetto subito che prima di stasera, non conoscevo minimamente Alan Parsons, se non di nome, e per la celebre Eyes In The Sky che negli anni 80 spopolò nelle radio, e il cui video girava in continuazione in molti programmi musicali dell’epoca. Come dicevo in prefazione, alcuni sentendo il suo nome posizionato nel punto più alto del cartellone e in chiusura di questa prima giornata del Frontiers, hanno storto il naso, definendo il suo  rock fuori contesto. Personalmente ho cercato di non farmi influenzare da queste voci e pareri del tutto opinabili e personali, cercando invece di cogliere le mie personali impressioni in merito. Sicuramente non ero un suo fan prima e non lo diventerò d’ora in poi, e neppure mi recherò domattina nel mio negozio di fiducia per comprare la sua discografia completa, ma ciò a cui io e tutti i presenti abbiamo assistito con la sua esibizione stasera, è classe pura, che non ha confini, limiti, ed etichette musicali specifiche se non quella eventualmente di una rock band progressive. Alan Parsons si avvale della collaborazione di musicisti davvero superlativi, dove ognuno eccelle nel suo compito individuale, su cui  si elevano particolarmente su tutti i due chitarristi Jeff Kollman e Dan Tracey, due veri maestri della sei corde. Non da meno i due vocalist Olsoon e Cooper (anche saxophonista), capaci di modellare melodie con  cambi di tonalità impressionanti. Inutile dire che da profano, il momento di maggior emozione è stato quando il mastodontico barbuto Alan Parsons, con la sua eleganza e classe inglese di uomo d’altri tempi, ha abbandonato le tastiere per intonare con la sua  inconfondibile timbrica la già citata Eye In The Sky, che credo abbia fatto venire la pelle d’oca a più di qualcuno nel pubblico. Un’ora e trenta di grande musica quella che stasera ci hanno regalato lui e la sua band , acclamati  e applauditi  a gran voce dal pubblico alla fine della sua straordinaria prova. A volte, anche un concerto molto  lontano dai propri ascolti e gusti abituali, si può rivelare una gradita sorpresa… e  Alan Parsons sicuramente ha confermato pienamente questo concetto stasera. 

Setlist: 

  • One Note Symhony
  • Damned If I Do
  • Don’t Answer  Me
  • Time
  • Breakdown/Raven
  • I Wouldn’ Want To Be Like You
  • Miracle
  • Don’t Let It Show
  • Limelight
  • As Light Fall
  • Standing On Higher Ground
  • I Can’t Get There From Here
  • Prime Time
  • Sirius/Eye In The Sky
  • Tarr And Prof.Fether
  • Games People Play


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Giovanni Cionci

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