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I nostri Giovanni Cionci e Giuseppe Grieco hanno avuto l’immenso onore di poter intervistare Simon Phillips, uno dei batteristi più influenti e importanti dell’intero panorama musicale. Si è parlato delle sue varie collaborazioni, del periodo di militanza nei Toto, della sua personale concezione di batteria. Relics vi presenta: Simon Phillips!
1. Salve Mr. Phillips, felici di averla qui su Relics. Cominciamo con questa domanda: cos’è la batteria per lei?
La batteria è la mia vita e lo è da quasi 60 anni!
2. L’esperienza con Toto è stata molto importante nella sua carriera. Vuole parlarci di quel periodo?
Il periodo nei Toto è stato il lasso di tempo più lungo che ho trascorso in una band nella mia carriera. Fu una sorpresa e certamente non era pianificato, ma i Toto divennero la mia vita per ben 21 anni. Nel 1992 non ero interessato a diventare il batterista di una band, poiché stavo trascorrendo buona parte del mio tempo a produrre e progettare vari progetti. L’unico modo in cui sarei stato interessato a diventare un componente era come membro a pieno titolo di una band con cui avrei anche preso parte alla composizione della musica e alla produzione delle registrazioni. Questo è esattamente quello che è successo con i Toto e quindi l’ha resa un’esperienza appagante. Come in ogni collaborazione con musicisti meravigliosamente talentuosi, si impara davvero tanto e questa è sempre stata la mia situazione preferita: essere in una condizione di apprendimento costante. Abbiamo trascorso molti momenti meravigliosi e, naturalmente, ci sono stati periodi “non così meravigliosi” come in qualsiasi altra compagnia. Abbiamo perso Mike Porcaro e David Paich non è stato più in grado di stare con noi, ma qualsiasi band in circolazione per tanto tempo come i Toto avrà sempre dei cambiamenti. Tutto sommato è stata un’esperienza meravigliosa e volevo finire il mio mandato con la band al massimo!
3. Ha collaborato con molti artisti: quale collaborazione le ha dato ricordi davvero positivi, più di altri?
Una delle collaborazioni che spicca è quella con Mike Oldfield. Mi ha dato l’opportunità di diventare un tecnico del suono e un produttore discografico. Un’altra precedente collaborazione fu quella con Jack Bruce come membro della sua band dal 1976 al ’78. Ho imparato molto da Jack su un po’ tutto.
4. Rock progressivo ma non solo, ha suonato molti tipi diversi di musica, a volte distanti tra loro. Quale le piace di più? E perché?
Questa è una domanda molto interessante a cui rispondere. Mi è sempre piaciuto suonare molti tipi di musica. Sono cresciuto in Inghilterra negli anni ’60 e ’70, e si doveva essere in grado di suonare molti stili. Era un imperativo per essere un musicista e rendere accessibili così tante porte per me quando ero molto giovane. Quindi ho suonato su dischi di tutti gli stili musicali dall’heavy metal al jazz acustico! Mi sento a casa con la maggior parte della musica che suono.
5. Quali batteristi l’hanno influenzata di più?
Devo menzionare i ragazzi che ho ascoltato quando ero molto giovane. Gene Krupa, Buddy Rich, batteristi per lo più di big band dell’era swing. Anche i batteristi che suonavano con mio padre, anche se non erano ben noti. Più tardi batteristi come Grady Tate, Billy Cobham, Steve Gadd e Lenny White e Danny Seraphine, Ian Paice, Jon Hiseman, John Bonham e Cozy Powell. Non dimentichiamo inoltre Stevie Wonder che ho trovato estremamente influente come batterista.
6. Protocol è il suo primo album solista. Cosa pensa lo renda così “diverso” e speciale, in qualche modo? E qual è il miglior ricordo che associa all’album?
Il mio primo CD consisteva sostanzialmente in demo che stavo portando alle varie case discografiche nel 1987 e nel ’88 per ottenere un contratto discografico. Nessuno era interessato, dato che avevo già il mio studio e producevo per la maggior parte del tempo nel ’88, ho deciso di realizzare Protocol I e suonare tutto da solo – stile Stevie Wonder e Jan Hammer – ma adottando un diverso tipo di musica. In effetti la title-track potrebbe essere una delle prime tracce del genere World Music. Non appena l’ho pubblicato da solo, un’etichetta discografica inglese mi ha contattato per ottenere la licenza ed è stato pubblicato in tutto il mondo nel 1989.
7. Oltre alla batteria, quale strumento le piace suonare?
Uso le tastiere per comporre la mia musica. Non sono davvero un compositore, ma bazzico abbastanza da poter scrivere e fare demo.
8. Ha qualche consiglio per i giovani musicisti emergenti?
Il business della musica è cambiato molto da quando ho iniziato ed è estremamente difficile guadagnarsi da vivere oggi con la musica. Bisogna essere intraprendenti oltre a imparare a suonare i propri strumenti. Tuttavia, vedo molti giovani musicisti che stanno bene e si godono la loro avventura – ed è un’avventura. Devi trattarlo come un impegno a vita. Sto ancora cercando di migliorare il mio modo di suonare e la mia musicalità, e sono professionista da 50 anni. Questo è ciò che lo rende così appagante!
9. Può dirci qualcosa sui suoi piani futuri?
Dopo aver terminato questo tour e una volta tornato a Los Angeles, ho un paio di progetti da mixare, un album da registrare e devo infine unire tutti gli strumenti una volta che sono stati registrati, per non parlare poi del fatto che dovrò comporre un altro album Protocol da registrare l’anno prossimo. Penso che ci sia abbastanza per tenermi occupato per un po’!
ENG:
Our Giovanni Cionci and Giuseppe Grieco had the immense honor of being able to interview Simon Phillips, one of the most influential and important drummers of the entire music scene. There is talk of his various collaborations, of the period of militancy in Toto, of his personal conception of drums. Relics presents you: Simon Phillips!