Score
- La vostra band esordisce nel 2012 con Tutti usciamo di casa, disco pop orchestrato, poi prosegue con Lupi, per arrivare a Questo è un uomo, questo è un palazzo, prodotto nel 2020. Che influenza ha avuto questa situazione legata al covid19 nell’elaborazione dell’album?
Diciamo che la gestazione lunga del disco non ha mai sfiorato la situazione odierna perché è un lavoro frutto di quattro anni, quasi cinque di elaborazione. Il covid è stato più uno strano caso in cui il match raccontato nel disco tra tecnologia e corpi oggi ha un valore di coesistenza molto forte. Senza tecnologia saremmo solo chiusi in casa.
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I MasCara affrontano temi attuali come il rapporto con i social, oppure il legame uomo-macchina. Carne e Pixel presenta questi riferimenti. Parlacene.
Il primo singolo è proprio una messa in luce della crisi identitaria tra questi due elementi. Un po’ come se la coscienza si stesse ponendo dei quesiti in merito alla paura di perdere sostanza in questo troppo bombardarci di immagini, di ritocchi, di filtri. C’è una fascino rispetto alla possibilità di modificare del corpo (ad oggi lo facciamo più con un lavoro accurato sui social in cui mostriamo il meglio o comunque prestiamo attenzione a come apparire) ma c’è sempre il problema di come risponde la parte più intima di noi.
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Dal punto di vista stilistico il disco si presente ricco di spunti, si va dal pop/wave a brani in cui a prevalere è l’elettronica. Quali sono gli artisti che vi hanno maggiormente influenzato?
I primi due sono quelli più influenti : Patrick Watson con il suo “ Love song for robot” – Bon Iver – Kanye West e King Krule. Il resto sono cose che sono dei classici per noi come i Radiohead.
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In 22+1 affermate: ”è una risposta all’immobilità che stiamo vivendo”, infatti nel video si vedono due anziani in carrozzina che grazie ad una nuova tecnologia riescono ad esaudire un ultimo desiderio, quello dell’ ultimo ballo insieme.
Ci viene mostrato un universo dispotico ma purtroppo non così lontano dallo scenario attuale, molto simile alla serie Black Mirror.
Black Mirror è un buon esempio per noi di come affrontare temi tecnologici, eppure è la serie che meno ha influenzato l’idea. So che è strano ma sono stati più i fumetti o le Graphic Novel ad ispirarci. Una su tutte quella dell’italiano LRNZ e il suo GOLEM che vi consiglio. Però ecco potremmo dire che è la nostra “Black Mirror” in musica.
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Parliamo del brano Divina-azione. “Divorati il viso con un filtro Instagram”… Queste parole sembrano essere una forte critica alla società dell’apparenza e del virtuale che viene divinizzata da alcuni giovani di oggi. Come vi rapportate con i social network?
Io credo che la chiave da qui a quando campo sia la consapevolezza. Io non voglio demonizzare tutto, perché vivo in questo mondo, è la sfida mia e della mia generazione comprendere la realtà per come si struttura. Partecipare anche con l’arte a questa riflessione mi permette di poter vedere dove ci sentiamo fragili. Non siamo sicuri e ci sentiamo soli e andiamo in panico, affrontiamo le cose con una carica di stress tenuta a bada dalla sedentarietà e dal distacco. Quindi urlo e parlo dal mio cellulare, ci metto la faccia, ma c’è qualcosa di profondamente passivo poi nell’azione sul mondo reale. Credo rappresenti bene il fare di molti di noi questo modo di vederci allo specchio quando siamo soli.
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Quali sono i vostri progetti futuri?
Come dicevo mai demonizzare tutto, prendere il buono e scartare il superfluo. Quindi stiamo lavorando molto sui nostri social esplorando le possibilità streaming e anche di linguaggio e racconto. Siamo molto attivi per esempio sul nostro canale Twitch e Youtube. Creare non ha limitazioni il suonare ad oggi è ancora un lavoro di attesa nella speranza di miglioramenti. Intanto noi ecco mostriamo le nostre idee sui nostri canali. Sembra quasi di creare un mondo tutto tuo.