Intervista ai Clustersun

A cura di Gianni Vittorio

A maggio uscirà il nuovo album dei siciliani Clustersun, giovane band che spazia tra lo shoegaze, psych e post-punk. Così abbiamo colto l’occasione per scambiare due parole con il chitarrista Mario Lo Faro.

Mario, voi Clustersun siete una rock band con due album all’attivo, più uno nuovo in arrivo a maggio. La vostra musica si inserisce in quel filone della Shoegaze che ha avuto la sua nascita negli anni ’90, ma che vede un grande ritorno in questi ultimi anni. Secondo te a cosa è dovuto?

Credo che la risposta risieda nel peso specifico, elevatissimo e variegato, di buona parte degli esiti creativi prodotti dal calderone creativo dello shoegaze; e ciò a dispetto di una parabola iniziale esauritasi nel giro di pochissimi anni. Come ricordi bene, si tratta di un genere che esplode all’alba degli anni ’90 e che, dopo aver generato vere e proprie pietre miliari della discografia mondiale (soprattutto con le tre band simbolo My Bloody Valentine, Ride e Slowdive), viene poi repentinamente spazzato dal ciclone del brit pop e, oltreoceano, dal grunge. La stampa, soprattutto britannica, che aveva contribuito a identificare e mettere sotto i riflettori tutta la scena dei “fissatori di scarpe”, archivia bruscamente l’intero movimento, compiendo anche odiose operazioni di macelleria mediatica (emblematico il caso degli Slowdive, beniamini della critica tra l’89 ed il ’91 grazie ai primi ep e al debut album Just For a Day, ma poi massacrati già nel 1993 per il capolavoro Souvlaki).

Nonostante ciò, il lascito di quella stagione così straordinaria e breve e delle tante band che ne rappresentarono la forza creativa, è rimasto profondamente radicato nel culto degli appassionati, finendo per influenzare in maniera sempre riconoscibile molta della musica indipendente venuta dopo. Questo fermento “sotterraneo” è poi riemerso prepotentemente, ed in maniera persino imprevedibile per molti, nel momento in cui le reunion di MBV prima, e di Slowdive e Ride poi, hanno riacceso i riflettori sugli adoratori di fuzz e riverbero, restituendo ad una scena intera la meritata e centrale rilevanza nel panorama della musica alternativa. La passione per quei suoni ed atmosfere è quindi riesplosa con maggiore forza e consapevolezza, persino rispetto all’era della genesi del movimento.

Probabilmente il tempo ha restituito tutto il valore di un genere che, a mio parere, ha l’impagabile pregio di non presentare confini netti, e di ospitare all’interno del suo alveo declinazioni anche molto diverse tra loro, pur se unificate da alcuni comuni denominatori di netta riconoscibilità.

Il vostro sound si è evoluto tra il primo ed il secondo disco. Belle linee di basso ipnotico, melodie dreamy, ma soprattutto un mood tipicamente “shoegazer”.
Inoltre in alcune occasioni toccate anche altri generi e stili, come ad esempio lo psych rock, in particolare il brano The whirling dervish (tratto da Surfacing to breathe). Sei d’accordo?

Assolutamente, e questa evoluzione che hai notato nel nostro percorso discografico è proprio espressione della grande varietà stilistica in cui è possibile declinare lo shoegaze, per riagganciarsi al discorso appena svolto. Nel nostro primo album, Out Of Your Ego, le atmosfere erano più rarefatte, dreamy, pur se tendenti all’oscurità. Con il secondo LP Surfacing To Breathe abbiamo spinto maggiormente su suoni più muscolari e impattanti, e la componente psych, space rock, kraut ha iniziato a diventare prevalente: lo si sente, come hai giustamente rilevato, in brani come The Whirling Dervish o la stessa title track. Il nuovo album Avalanche, adesso,segnerà un passo ancora più deciso in questa direzione.

Che esperienze avete nell’ambito live? Preferite il club? Che approccio avete?

Il palco, i concerti, rappresentano la nostra dimensione ideale. La musica stessa che produciamo, nasce per essere veicolata a volumi da codice penale e per impattare un’audience di corpi che vibrano. E sicuramente i club, nel restituire una vicinanza assoluta con il pubblico, una pressoché totale assenza di barriere che ti consente di poter misurare sui volti e sull’ondeggiare della gente la portata dei tuoi brani, sono il contesto perfetto per fare il pieno di adrenalina ed esprimerci al meglio.

Abbiamo avuto la fortuna di girare tanto, in Italia e all’estero, alternando situazioni da sogno, iperprofessionali, come un tour di 15 date negli Stati Uniti, ad avventure memorabili in sperduti locali di provincia. Ma ogni volta abbiamo suonato come se fosse il concerto della vita, con gratitudine per il palco che ci veniva offerto e per la gente venuta a sentirci, godendo a fondo di ogni decibel prodotto e di ogni goccia di sudore versata. E in tempi come questi, in cui il ritorno all’attività live sembra ancora lontano e incerto, sentiamo che non possa esserci approccio più giusto di questo.

Clustersun – Avalanche

Ora veniamo al vostro terzo album di prossima pubblicazione, intitolato Avalanche, che verrà prodotto dalla Icy Cold Records (FR) e Little Cloud Records (US). Una produzione dal respiro internazionale.
Inoltre sono già usciti due singoli, Desert Daze e All Your Pain, dal suono pieno e fragoroso, un vero muro del suono: che direzione prende questo nuovo lavoro? Raccontaci la sua genesi.

Come anticipavo poc’anzi, con Avalanche abbiamo spinto ancora oltre l’evoluzione che, in termini di songwriting e suono, era iniziata nel precedente LP Surfacing To Breathe, declinando il nostro shoegaze in chiave ancora più psych, post-punk, kraut . Ci siamo approcciati alla scrittura dei nuovi brani con un livello di consapevolezza e messa a fuoco mai raggiunto finora, ed allo stesso tempo con una naturalezza disarmante. Le idee fioccavano in sala prove durante sessioni di improvvisazione felicissime, che poi ci siamo limitati a organizzare, con l’unico obiettivo di preservarne la scintilla istintiva. È venuto fuori il nostro album più feroce, scuro e potente di sempre.

E questo grazie soprattutto al suono colossale plasmato in sede di mix e mastering da James Aparicio, che ha lavorato sulle nostre tracce a Londra, presso il suo studio The Soundfield. James è una vera icona della console, ha lavorato con Spiritualized, Mogwai, Depeche Mode e ha sfornato alcuni dei dischi psych-gaze che più ci hanno impressionato in questi anni, come l’ultimo LP degli amici Rev Rev Rev.

Tale era la fiducia nel suo contributo che, dopo avergli messo in mano le tracce (registrate dal nostro ex tastierista Piergiorgio Campione qui a Catania, presso il suo Studio12), gli abbiamo lasciato carta bianca su ogni decisione, preferendo non fornirgli alcun riferimento specifico di suono o di resa finale. Volevamo che mettesse insieme tutto in maniera libera ed istintiva, senza condizionamenti. Il risultato è stato a dir poco impressionante, di gran lunga superiore alle nostre (già altissime) aspettative: un suono enorme ed articolato allo stesso tempo, come evidenziato dai singoli che abbiamo estratto finora.

Un altro aspetto che ci ha reso particolarmente fieri e felici è quello visuale: l’artwork di copertina è un quadro potentissimo di Marco Baldassari, che è anche co-fondatore e tastierista dei Sonic Jesus, pesi massimi della scena psych internazionale e una delle band che più adoriamo. Marco lo ha dipinto sull’onda emotiva prodotta dall’ascolto dell’album e lo ha intitolato proprio Avalanche.

Questa collaborazione e l’incontro con la sensibilità pittorica, ma prima ancora umana, di Marco sono stati un vero e proprio dono. Adesso non vediamo l’ora che arrivi il giorno della release, il 20 maggio prossimo, per poter fare ascoltare tutto l’album nella sua interezza. Grazie al supporto eccezionale delle nostre due label Icy Cold Records e Little Cloud Records, Avalanche è già disponibile per il pre-order in vinile splatter edizione limitata, cd e formati digitali sul nostro bandcamp e su quello di entrambe le etichette.

Avete intenzione di partecipare a qualche festival estivo, ove di nuovo possibile, finita la pandemia?

Se ci saranno riaperture in sicurezza delle attività live sicuramente non ci faremo sfuggire l’occasione di tornare sul palco per date estive e festival, sia in Italia che all’estero. In Gran Bretagna e Nord Europa forse la prospettiva è più realistica, considerato lo stato avanzato della vaccinazione e il riguadagnato controllo sulla curva dei contagi; ma credo si dovrà aspettare ancora un pò per capire che scenario si presenterà questa estate per la musica dal vivo.

Siamo anche direttamente coinvolti, insieme alle altre band del circuito italiano shoegaze-psych-dreampop, nella bellissima avventura dell’In A State Of Flux: un festival itinerante sul territorio nazionale (e appena ci sarà nuovamente la possibilità anche all’estero) che, oltre a rappresentare una meravigliosa vetrina per gli adoratori del riverbero tricolore, è diventata una vera e propria famiglia all’interno della quale ci si coordina e supporta tra band, in clima di eccezionale fratellanza e comunione di intenti. Ma prima di poter nuovamente programmare concerti, dobbiamo avere la pazienza di attendere che questo inferno, nel quale siamo piombati da più di un anno, abbia finalmente termine.

CLUSTERSUN online:
https://www.facebook.com/CLUSTERSUN
https://clustersun.bandcamp.com/?fbclid=IwAR1fXzWUskNbxsXtM4BVxPWqbnPdNV7QskLaFynCjaU43W71uhXUxmXF1VQ


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Gianni Vittorio

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