Layne Staley 19/04/2002: il Grunge.

di Edoardo Latini e Gianni Vittorio

Wake up, young manI, t’s time to wake up.”

Mad Season – Wake up

Chissà quante persone, in quel 19 aprile di 19 anni fa, hanno sussurrato queste parole vedendo passare al telegiornale la notizia del ritrovamento del corpo del cantante degli Alice In Chains, Layne Staley.

Layne Staley

Quelle stesse parole pronunciate da Layne nell’album capolavoro Above del supergruppo Mad Season; qui la sofferenza interiore del cantante è palpabile in tutto l’album, sebbene quello fosse uno dei periodi di maggior serenità del vocalist, lontano dalle pressioni della sua band principale. Quelle stesse pressioni che, dopo l’enorme successo di Dirt nel 1992 iniziano a diventare insostenibili, soprattutto per un animo fragile e gentile come il suo.

Un’anima tormentata quella di Staley che ha trovato tante, troppe volte rifugio in quello che negli anni Novanta a Seattle era l’antidepressivo più economico in circolazione: l’eroina.

L’amata Demri Parrot, se possibile, ha peggiorato ancor di più la sua situazione: la loro relazione altalenante si è rivelata deleteria per lo stato d’animo già di per sé delicato di Staley e nei momenti in cui la storia sembra essere più stabile, i due sono soliti farsi di eroina, insieme. Fino al 1996.

Il 29 ottobre di quell’anno la falce della droga si abbatte sull’ennesima giovane vittima e sceglie proprio ciò che Layne ha di più caro: la sua Demri. Il tracollo del frontman inizia allora.

Layne è attirato sempre più verso il baratro: “Pink cloud has now turned to grey” / “Le nuvole rosa ora sono diventate grigie” canta Layne in Angry Chair: la speranza di un mondo a colori è ormai svanita per il cantante degli Alice in Chains.

La fine di Layne sembra ormai scritta: neanche la musica può salvarlo. Nessuno degli amici sente più con regolarità il vocalist e la situazione inizia a diventare preoccupante.

Il 19 aprile del 2002, dopo giorni in cui da casa di Layne proviene soltanto il miagolio del suo gatto, si decide di fare irruzione. Lo scenario che si presenta ai testimoni è quello tanto temuto: Layne viene trovato senza vita sul divano di casa, con una siringa ancora infilzata nel braccio e un’altra pronta che però non troverà mai una vena. Il destino vuole che la presunta data di morte del cantante sia il 5 aprile, stesso giorno in cui Kurt Cobain ha deciso di porre fine alla sua vita.

Staley, purtroppo, non è stata la prima vittima illustre di Seattle dovuta all’eroina: la droga, infatti, aveva iniziato a mietere le proprie vittime già prima che i riflettori della scena musicale si accendessero nel quinquennio 91-95.

Ciò che ha indirizzato l’occhio di bue sulla Città di Smeraldo è stata la morte per overdose di Andy Wood, leader dei Mother Love Bone, una delle prime band del movimento che nel giro di pochi anni avrebbe dato vita ad un genere diventato ormai storia: il Grunge.

Concerto Grunge – Foto di Charles Peterson

Il suono di questo nuovo stile che invade le strade di Seattle è un mix di Hard Rock e Punk abbinato a testi sia di natura intima che di denuncia di un disagio sociale che contraddistingue la Generazione X, e che attira l’attenzione delle più importanti case discografiche mondiali.

Musicalmente c’è un ritorno a una strumentazione scarna ed essenziale, chitarra, basso e batteria, lasciando da parte sintetizzatori, tastiere ed effetti.

Il sound che ne viene fuori accomuna la scena, è il marchio di fabbrica delle band che cominciano ad affermarsi, sebbene con sfumature diverse tra loro: il sound dei Nirvana assomiglia ad un punk rock con ritornelli ammiccanti ed echi noise, i Soundgarden in bilico tra hard rock e un metal sui generis, i Pearl Jam sono forse quelli col suono rock più tradizionale, mentre gli Alice in Chains decisamente più rivolti a sperimentazioni che avranno una grande influenza su molte band dei tardi anni Novanta.

Il termine “grunge”, introdotto da Mark Arm, leader dei Mudhoney, indica un suono sporco, non raffinato, tipico delle produzioni di fine anni Ottanta/inizio anni Novanta di Seattle.

La musica è spontanea così come i testi, particolarmente oscuri e introspettivi. In una recente intervista di Lily Cornell Silver, figlia del cantante dei Soundgarden Chris Cornell, Eddie Vedder rivela come i testi del suo carissimo amico Chris non siano creati a tavolino, ma rappresentino proprio lo stato d’animo dell’autore in quel preciso istante.

Se si pensa a Fell on Black Days dei Soundgarden, si nota come il conflitto interiore sia una delle componenti chiave della produzione Grunge.

           

Whatsoever I’ve feared has come to life

Whatsoever I’ve fought off became my life

Tutto ciò che ho temuto ha preso vita

Tutto ciò che ho respinto è diventato la mia vita”

Ai piedi del monte Rainier, il fenomeno grunge continua a proliferare. Non è soltanto il suono tipico di questo movimento culturale ad essere imitato, ma anche lo stile e il modo di vestirsi dei protagonisti: il boom di vendite di camicie di flanella e di Dr. Martens ne è la prova.

Proprio riguardo l’imitazione dello stile è emblematica Corduroy, brano contenuto nel terzo album (capolavoro) dei Pearl Jam, Vitalogy (1994). La traduzione in italiano del termine Corduroy è “velluto”, con riferimento alla giacca indossata da Vedder nel leggendario Unplugged del 1992. In merito al brano, Vedder confessa:

 “Corduroy è ispirata alla rivendita di quella vecchia giacca di velluto che indossavo. Penso di averla pagata 12 dollari e fu venduta a 650 dollari. L’ultima volta che l’ho vista l’aveva un ragazzo in TV. […] Vidi questo nuovo personaggio in una soap-opera, c’era un ragazzo, più affascinante di me, che la indossava durante una puntata di “General Hospital”. E la cosa divertente è che quel ragazzo era Ricky Martin.”

A fine 1992 lo stilista Marc Jacobs lancia addirittura la sua linea Grunge, simbolo di come il movimento avesse sfondato anche nel mondo della moda.

Eddie Vedder durante l’MTV Unplugged del 1992

Ormai lo stile di Seattle rappresenta un punto di riferimento per i giovani di tutto il mondo. E MTV, che allora trasmetteva ancora buona musica, non può lasciarsi sfuggire un’occasione così ghiotta per aumentare i propri ascolti. Decide, quindi, di cavalcare l’onda del successo e di iniziare a trasmettere in heavy rotation tutti i più grandi successi dei Big Four del grunge: Alice in Chains, Nirvana, Pearl Jam e Soundgarden.

Ma se l’obiettivo primo dei Pearl Jam è sempre stato quello di suonare nei grandi stadi, i Nirvana la pensavano diversamente. L’improvviso successo di Nevermind (1991) catapulta i Nirvana al centro del mondo. Cobain, nei suoi “Diari”, descrive il panorama musicale mondiale e racconta come soltanto pochi gruppi meritino il rispetto del cantante di Aberdeen.

Soundgarden

La direzione che i Nirvana desiderano intraprendere è proprio quella di rappresentare una valida alternativa al mainstream che da troppo tempo sta inquinando la scena musicale mondiale. Passare però da essere un’alternativa a diventare mainstream, a sua volta, non è quanto desiderato da Cobain.

Il suo essere diventato un modello per la società e allo stesso tempo il suo ripudio della società stessa contribuiscono all’implosione del suo Io: il 5 aprile 1994 decide di porre fine ai suoi tormenti con un colpo di fucile in testa. Un caso archiviato da subito come suicidio, ma che non ha convinto del tutto gli stessi addetti ai lavori e giornalisti. I dubbi sulla vicenda non sono mai stati del tutto chiariti, a partire dal ruolo che ha avuto la moglie, Cortney Love, e la presenza del fucile trovato senza impronte. La sua ultima lettera è l’emblema della condizione di Kurt:

Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e far credere che io mi stia divertendo al 100%. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco. Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo…”

Kurt Cobain.

Quello che era nato come un fenomeno alternativo diventa a tutti gli effetti lo standard di una generazione intera. Ma quali sono stati i fattori che hanno permesso una diffusione così capillare del fenomeno grunge? E perché ancora oggi il Seattle Sound è uno dei generi più ascoltati? Come è stato già detto, in molti si riconoscono nello stile e nei testi di questo periodo: scagliarsi contro la società è un tema sempre attuale, fruibile ai più ma senza cadere nel banale e il rispecchiarsi in temi oscuri e profondi contribuisce, inoltre, a dare un certo sollievo a chi lotta con demoni interiori e non si sente compreso a pieno.

Kurt Cobain

Inoltre, l’ottimo rapporto e i sodalizi creati dalle band di Seattle, (Temple of the Dog e Mad Season su tutti) hanno contribuito a dare al genere un senso di genuinità e spontaneità che raramente si è visto nella storia della musica. Alcune riviste hanno provato a mettere contro Nirvana e Pearl Jam, ma i leader delle rispettive band hanno più volte ribadito quanto tra loro i rapporti fossero buoni, nonostante i diversi gusti musicali e obiettivi di carriera.

L’eredità lasciata dal grunge ha un valore enorme: gli esponenti di questa corrente sono diventati icone mondiali, un po’ come è accaduto per i Beatles. Difficile pensare che in futuro possa esserci uno stile che rispecchi così tanto una città. Se si considerano soltanto i leader dei Quattro Grandi di Seattle, l’unico ancora in vita è Eddie Vedder.

I Pearl Jam, ovviamente, hanno perso il piglio grunge che li ha caratterizzati 30 anni fa, ma il fatto di essere stato il gruppo rock più ascoltato del 2020 dimostra quanto questa controcultura sia forte ancora oggi. E nell’attesa di vederli a giugno 2022 a Imola (potete leggere la nostra recensione dell’ultimo album Gigaton QUI), possiamo solo ringraziarli per il contributo dato a un movimento che rimarrà, per sempre, nella storia della musica.

Murales nella città di Seattle

https://www.facebook.com/aliceinchains


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Edoardo Latini

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