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The Ides of March è il secondo album solista di Myles Kennedy, frontman degli Alter Bridge, pubblicato tre anni dopo la prima fatica Year of the Tiger. Nonostante l’uno sia il seguito dell’altro, i due album presentano caratteristiche piuttosto diverse: Year of the Tiger nasce dall’esigenza di dare un taglio più intimo alla lunga e florida carriera dell’artista, esplorando melodie più morbide e distanti dal Myles Kennedy che conosciamo quando lavora insieme ai suoi amici rockers.
The Ides of March raccoglie l’eredità del primo album solista tornando, però, su sonorità in linea con l’animo più duro dell’artista. Lo stesso Kennedy, infatti, afferma di avere “voglia di alzare il volume per questo lavoro, rispolverando la grande passione per la chitarra”. E di chitarre, The Idles of March, ne è pieno.
L’album si apre con Get Along, traccia che offre subito all’ascoltatore la percezione di quanto l’album si discosti dal suo predecessore: notevole l’assolo di chitarra preceduto dalla frase: “The answer in the end was never black or white”. Il richiamo alle proteste che hanno invaso le strade statunitensi per tutto il 2020 è piuttosto evidente. A Thousand words e il singolo In Stride alzano i giri del motore del rock: quasi ci si dimentica di essere di fronte ad un lavoro di Myles Kennedy in versione solista.
L’album si prende una prima pausa con la title track, una lunga cavalcata ciclica: la canzone si apre con un canto sussurrato accompagnato da un giro di chitarra acustica che lascia poi spazio ad un trionfo di chitarre elettriche seguito da un assolo con venature jazz, il quale riconduce l’ascoltatore al tema iniziale, riprendendo l’ossatura scarna chitarra e voce.
Wake me when it’s over è un brano destinato al palato dei più e anche qui Kennedy si lascia ispirare dalle vicende dei nostri giorni, in particolare quelle legate alla pandemia. Love Rain Down si apre con un riff acustico decisamente convincente, al quale si aggiunge a dar man forte l’immancabile chitarra elettrica suonata magistralmente dall’artista. La stessa chitarra presente anche in Tell it like it is, brano che sembra uscito direttamente dal rock più puro degli anni Settanta.
A condurci verso la coda dell’album tocca a Moonshot, una notevole ballata elettrica con sfumature country, Wanderlust begins e Shifting through the fire, queste ultime due caratterizzate da un’atmosfera piuttosto allegra, elemento non trascurabile e chiaro messaggio di speranza in un momento storico che di speranza ne ha un disperato bisogno. La conclusione affidata a Worried Mind rappresenta il riassunto perfetto delle 10 tracce precedenti, attingendo il meglio da ognuna di esse: uno splendido assolo rappresenta, poi, la ciliegina sulla torta del brano e, nel complesso, dell’album.
Myles Kennedy non ha bisogno di presentazioni: tutto quello che tocca diventa oro, riuscendo ad imprimere il suo timbro in ogni lavoro. The Ides of March, è un album solido, compatto, senza picchi eclatanti ma allo stesso tempo apprezzabile perché rimane vero lungo i circa 45 minuti del disco: l’artista non cerca disperatamente la novità e le idee che inserisce nel suo disco vengono dal cuore di Kennedy, dal suo sguardo sul mondo e dalle sue produzioni precedenti, in particolare quelle con gli Alter Bridge.
The Ides of March è un album piacevole, che scorre in maniera dinamica grazie all’alternanza di ballate e di brani uptempo che modellano un percorso godibile, dando grande merito alle doti cantautoriali di Myles Kennedy.
Tracklist:
01. Get Along
02. A Thousand Words
03. In Stride
04. The Ides Of March
05. Wake Me When It’s Over
06.Love Rain Down
07. Tell It Like It Is
08. Moonshot
09. Wanderlust Begins
10. Sifting Through The Fire
11. Worried Mind
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