Il 12 ottobre di 31 anni fa usciva âAllâuna e trentacinque circaâ, il primo disco di Vinicio Capossela. Lâalbum, nato sotto lâegida del grande Renzo Fantini e tenuto a battesimo da Francesco Guccini, vinse la Targa Tenco e segnò lâinizio di un felice e caleidoscopico percorso artistico.
Allâuna e trentacinque circa il Pjazza di Bellaria Igea Marina si svuotava e diventava la culla dei nottambuli e dei lunatici, quelli che non si arrendono mai e, se si arrendono, lo fanno in grande stile. Erano loro il primo pubblico delle canzoni di questo disco, registrate su una cassetta in un pomeriggio dâagosto del 1989. Pochi mesi piĂš tardi, la cassetta finĂŹ nello stereo di Francesco Guccini in via Paolo Fabbri 43, e da lĂŹ nelle generose mani di Renzo Fantini, manager e produttore dello stesso Guccini e di Paolo Conte. Un anno dopo la registrazione di quella cassetta, sempre ad agosto, il disco prese vita e divenne una sorta di film noir. Un Round midnight girato nellâEmilia dei CCCP e di Pier Vittorio Tondelli.
Alla fine dellâestate 1990, una sera, nel locale Il posto di Verona câera anche Enrico De Angelis, che segnalò Capossela ad Amilcare Rambaldi per invitarlo al Premio Tenco di quellâanno. ÂŤVinicio seguiva stilisticamente una strada che noi amavamo moltissimo: quella di Tom Waits e di Paolo Conte. [âŚ] Ci colpĂŹ il fatto che quel modo di scrivere e cantare [âŚ] avesse trovato un continuatoreÂť. Nel 1991 il disco fu premiato con la Targa Tenco per la migliore opera prima, in ex aequo con Passa la bellezza di Mauro Pagani.
CosĂŹ quellâorario di esibizione si è trasformato in un disco odoroso di pioggia e moquette. Lampi biografici, canzoni scritte ad anticipare la vita quando ancora ci si faceva pace. Asfalto, lamieroni, locali epifanici come lâEscandalo o il Corallo. Istantanee disarmanti che rendono epico il viaggio, in cui è il suono, piĂš che il senso delle parole, a dare corpo al mondo. ÂŤI suoni fanno da sfondo a un mondo immaginario. Un mondo pieno di guai, affollato di guitti stralunati, strade chiassose e vecchie macchineÂť. I suoni sono quelli di Antonio Marangolo, Jimmy Villotti, Ellade Bandini, Enrico Lazzarini.
Tutto è partito da una melodia al pianoforte che ricordava una canzone di Dylan, I Was Young When I Left Home.
Le parole ce le ha messe la vita con le sue fratture, e quel soffio ha allargato tutta la geografia. Ă lâepica del pianobar.
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