2Days Prog+1 Festival, Day2 (foto di Giovanni Cionci)

Testo e foto di Giovanni Cionci

Eccoci dunque alla cronaca della seconda giornata del 2Days Prog+1 Festival (vi siete persi quella del primo giorno? Niente paura, potete trovarla QUI).

Franck Carducci & Mary Reynaud
Nel primo pomeriggio ci spostiamo presso il Forum 19 di Veruno, per assistere all’esibizione delle prime due band. Si comincia con un duo chitarra e voce da brividi, composto dall’eclettico e talentoso Franck Carducci e dalla bravissima Mary Reynaud. Due forti personalità e indiscutibili talenti, che, insieme sul palco sciorinano splendidi brani, mirabilmente eseguiti, regalando uno show davvero eccezionale.
Il pubblico non si accontenta del bis, vuole di più.. e visto che il tempo a disposizione è poco, scelgono di salutare con una emozionante cover di Wish You Were Here, cantata in coro da tutti i presenti.
Ci aspettiamo di vederli presto sul palco principale nel corso delle prossime edizioni del festival, onore cha hanno ampiamente dimostrato di meritare!

Aquael
In un’edizione del festival dedicata esplicitamente alle band straniere (dopo l’edizione esclusivamente italiana del 2021), il compito di portare sul palco il tricolore è affidato ai torinesi Aquael, creatura di Maurizio Galia. La band intrattiene il pubblico con brani di ottima fattura e chiude l’esibizione con la toccante Yokohama Via Satellite.

Godsticks
Si torna presso il campo sportivo di Revislate, sede del palco principale del festival. Ad aprire le danze, il progressive metal dei gallesi Godsticks, alias Darran Charles (chitarra e voce), Gavin Bushell (chitarra), Dan Nelson (basso) e Tom Price (batteria). La band porta sul palco le sonorità cupe e malinconiche dell’ottimo Inescapable (l’ultimo studio album pubblicato nel 2020), a cui si affidano per l’apertura (Denigrate, Victim, Surrender e Time in rapida successione), per poi proseguire con brani tratti dagli album precedenti. Il viaggio termina con gli aggressivi riff di Lack of Scrunity. Decisamente un ottimo inizio!

Asia Minor
Rapido cambio palco ed ecco gli Asia Minor, band fondata negli anni ’70 da Setrak Bakirel (chitarra e voce) e Erik Tekeli (chitarra e flauto), due studenti turchi trasferitisi a Parigi, scioltasi nel 1982 dopo aver dato alla luce due album (Crossing the Line e il capolavoro Between Flesh and Divine) e successivamente rifondata nel 2014. Sono proprio i due fondatori a guidarla anche sul palco di Veruno, accompagnati dall’altrettanto storico Robert Kempler alle tastiere, e con una sezione ritmica composta da Evelyne Kandell al basso e, eccezionalmente per sole due date, dalla straordinaria Camille Bigeault alla batteria. I brani proposti sono davvero splendidi, un progressive rock vecchia scuola, con echi di King Crimson e Camel, ma infarcito di sonorità medio-orientali, che rendono il tutto fresco e accattivante. Lo show si dimostra davvero di alto livello, e il favore del pubblico lo dimostra. Chapeau!

Magenta
Attraversiamo la Manica e torniamo in Galles, per assistere all’esibizione dei Magenta. Al triumvirato composto dalla cantante Christina Booth, dal fondatore Bob Reed (già leader dei Cyan) alle tastiere e dall’incontenibile Chris Fry alla chitarra, si affiancano Dan Nelson al basso (sì, ancora lui!) e Jiffy Griffiths alla batteria. Lo show messo su dalla band è emozionante, un costante equilibrio di contrasti tra la voce cristallina di Christina e l’incontenibile personalità di Chris Fry, vero animale da palco, che gioca col pubblico tutto il tempo, mentre passa da riff graffianti ad assoli intensi e splendidamente espressivi. L’esibizione si chiude con una bellissima The Lizard King, e i gallesi lasciano il palco agli headliner della serata tra applausi più che meritati.

Gong
Eccoci dunque il momento più atteso, quello di una band che non ha certo bisogno di presentazioni per gli amanti del progressive: i Gong. Creatura del leggendario Daevid Allen che li fondò nel lontano 1969, mirabile fusione tra progressive, space rock e jazz rock, i Gong hanno alle spalle oltre mezzo secolo di storia della musica. Orfani dal 2015 della guida e del visionario talento di Allen, per sua esplicita volontà, i membri dell’ultima incarnazione della band (Fabio Golfetti alla chitarra, Dave Sturt al basso, Ian East ai fiati e Cheb Nettles alla batteria) sono rimasti insieme, guidati da Kavus Torabi, designato dallo stesso Allen come suo successore.
Lo show messo su dalla band è incredibile. Torabi dimostra di essere più che degno del titolo di frontman conferitogli da Allen: teatrale, energico, incontenibile. Gli altri musicisti non sono da meno e, brano dopo brano, l’energia sprigionata diviene palpabile. La scaletta proposta è ricca, non mancano brani dell’ultimo Rejoice! I’m Dead! e una splendida e lisergica Goddess Invocation/Om Riff. Notevole inoltre la qualità del suono, mai impastato: ogni strumento è sempre, costantemente dove dovrebbe essere, perfettamente distinto dagli altri, ma nello stesso tempo amalgamato con essi. Sicuramente questo rende l’esperienza ancora più coinvolgente (davvero complimenti ai fonici!). Lo show si chiude in grande stile con You Can’t Kill Me e Insert Yr Own Prophecy, e la band scende dal palco tra applausi scroscianti, pronta a ricevere l’abbraccio del pubblico.

In conclusione, una seconda giornata di musica che, come da programma, ha saputo emozionare e stupire: del resto, dovremmo essere abituati al fatto che ciò rappresenti la norma al Days +1 Prog Festival!

In attesa della cronaca dell’ultimo (purtroppo) giorno di festival, vi lasciamo alla gallery fotografica del nostro Giovanni “GianRock” Cionci.


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