Intervista a Cristiano Godano(Marlene Kuntz) parla del loro nuovo album

Foto di Chiara Lucarelli

In un soleggiato Sabato mattina, nel pieno di una delle giornate miti tipiche delle Ottobrate romane, abbiamo incontrato Cristiano Godano, leader dei Marlene Kuntz, a Roma per la prima data del tour che segue la pubblicazione del loro album “Karma Clima”. Seduto al tavolino di un caffè, con alle spalle lo sfondo dell’antico acquedotto neroniano, Cristiano ci ha raccontato della genesi del nuovo disco, di come è cambiato il mercato musicale negli ultimi anni, e dell’esperienza unica di suonare con i Marlene Kuntz all’interno della Domus Aurea.  

di Chiara Lucarelli

La prima domanda è sul nuovo disco, ovviamente, “Karma Clima”, un concept album incentrato sui cambiamenti climatici. Il disco è scaturito da una music factory strutturata attorno a tre residenze artistiche sul territorio. Quanto ha influito questo tipo di format sulla realizzazione del disco?

Cristiano Godano. Ha influito sulla qualità dell’ispirazione, credo. Io già sapevo che avrei affrontato il tema del riscaldamento climatico ancor prima di andare in queste tre residenze a performare per il disco. Perché il 70% di ciò che si sente nel disco era qualcosa che aveva già molta similitudine con quello che facevamo in sala prove. Noi già in sala prove avevamo preparato i pezzi e già erano quelli che sono nell’album, mancava però una produzione, mancava tutto il condimento, mancavano un sacco di ingredienti. In quella fase iniziale io già, confrontandomi con i Marlene, avevo deciso e chiarito a me stesso, e poi ai Marlene che avremmo affrontato il tema del riscaldamento climatico, e questo semplicemente perché siamo persone impaurite. Quello del riscaldamento climatico è un problema enorme e credo che un artista possa assumersi il compito e la responsabilità di aiutare alla riflessione della gente, perché purtroppo c’è bisogno che la gente si impaurisca un po’ di più e si renda conto che stiamo veramente andando a sbattere. Quindi quando poi siamo andati in residenza a registrare i pezzi, e io a scrivere i testi, se da una parte tutto ciò era chiaro, lì, in quei luoghi preziosi, magici, ispiratori, tutte le nostre performance hanno acquisito un sapore unico e quindi l’influenza è stata più che altro di questo tipo. È come quando un artista presume per sé stesso di dover andare da qualche parte per trarre ispirazione. Io in realtà i miei testi li posso comunque scrivere a casa mia, perché la scrittura è un qualcosa che ha a che fare con il lavoro quotidiano, non deriva dalla magia di una città. La città non ti regala una nuova composizione, sei tu che puoi favorire un’ispirazione diversa ed è quello che è successo nelle varie residenze. Per quel che mi riguarda, io scrivevo i testi in alture dove andavo al mattino presto, verso le dieci e mezza-undici, mentre i Marlene stavano più in giù in una sala che era stata adibita alle registrazioni. Io salivo in alto e mi ritrovavo da solo, con soltanto il cielo sopra di me e i rilievi delle montagne attorno. Una in particolare, il Monviso, che è la montagna faro dei piemontesi, è enorme e ce l’avevo proprio lì davanti agli occhi. Si può ben capire che tutto ciò fosse fortemente ispiratore e fonte di una suggestione molto forte.

Foto di Chiara Lucarelli

C. L. I testi che scrivi appaiono sempre molto poetici, strutturati, ispirati, a volte anche vagamente ermetici. Adesso, in questo mondo contemporaneo, in cui invece sembra che stiamo andando sempre più verso un linguaggio iper semplificato, immediato, quasi da SMS, come pensi che vengano ricevuti dal pubblico più giovane questi testi, come un’occasione per uno spunto di riflessione? Per soffermarsi con più calma a cercare di carpirne il significato profondo?

C. G. Penso di sì. È chiaro che non è facile arrivare a dei ragazzi che proprio sono abituati ad altro, però chi, fra questi ragazzi, intuisce questa cosa e dedica ai testi giusto quell’attimo di pazienza in più, piuttosto che liquidarli con un “non li capisco”, si rende conto abbastanza in fretta che c’è sostanza e allora i testi acquistano lo stesso valore dei componimenti scritti in versi, il valore della suggestione. Il linguaggio poetico non è chiarificatore, è suggestivo, regala sensazioni,  che però sono sensazioni reali, non c’è fuffa. Nel mio lavoro di autore io penso di poter spiegare veramente qualsiasi parola di tutte le mie canzoni, perché quando l’ho pensata e l’ho scelta come quella che doveva entrare nel testo, ho fatto un lavoro molto serio di attenzione, di cura e di premura. E io credo che chiunque si sia avvicinato ai Marlene Kuntz questo lo abbia intercettato. Chi non l’ha voluto fare pensa che io scriva cose incomprensibili, ma non è vero, semplicemente ci vuole pazienza per coglierne il significato profondo. Io non sono d’accordo sulla faccenda dell’ermetismo. Me l’hanno detto spesso nel corso degli anni, ma io faccio di tutto per cercare di chiarire, però ripeto con linguaggio in versi tu non puoi chiarire. Se vuoi chiarire, scrivi un saggio, se scrivi in versi hai poche parole a disposizione per esprimere la complessità. Io cerco una sintesi, ma non vado mai a sollecitare l’ascoltatore nella dimensione dell’ermetismo, io non desidero essere ermetico, desidero dire le cose nella maniera più esaustiva possibile con i limiti che ho detto.

C. L. Tu peraltro insegni anche un corso all’interno di un master di comunicazione musicale. Insegni proprio scrittura di testi?

C. G. Beh, in realtà sono in tutto otto-nove ore, quindi è più una panoramica che io cerco di fare, partendo soprattutto dal confronto fra la poesia e il testo di canzoni, che è una vexata quaestio. È ancora una questione un po’ irrisolta di fatto, perché per molti il grande autore di testi per canzoni, in fondo è un poeta, per altri non lo è. In genere, chi dice che non lo è sono i poeti stessi, che non amano molto l’intrusione di usurpatori in veste di cantanti. Io sono convinto che comunque si tratti di due generi differenti, con tantissime similitudini ovviamente, e che però il cantante abbia delle esigenze che il poeta non ha. D’altro canto poeta ha lui stesso delle esigenze che il cantante non ha e questo genera una differenza. Queste sono le cose che  racconto in questo master e poi cerco di far addentrare i ragazzi che mi ascoltano all’interno delle peculiarità del processo creativo. Cerco di fargli toccare con mano cosa vuol dire per me iniziare a scrivere un testo. Quali sono le gioie, quali sono le difficoltà di un processo creativo? Dove cerco di arrivare? Quali sono le mie questioni da risolvere quando scrivo un testo? Credo che il mio obiettivo sotto sotto sia quello di fargli capire che nell’arte non c’è spontaneità, ma c’è lavoro: Lima, cesello, ripensamenti, emendamenti, correzioni, sostituzioni, perché in genere c’è questo mito del genio e della sregolatezza, l’idea che ci sia un momento in cui il tuo Sturm und Drang  personale ti pervade e tu fai una canzone, ma non funziona così in realtà.

Foto di Chiara Lucarelli

C. L. Il mercato discografico è cambiato parecchio negli ultimi anni, per colpa dell’avvento dello streaming selvaggio. Come pensi cambiata la fruizione della musica da parte degli ascoltatori? E che impatto pensi abbia avuto sulle realtà musicali contemporanee?

C. G. Per quanto riguarda la prima domanda io credo che, per come stanno le cose adesso, e fino a che non cambieranno, Internet stia distruggendo la musica perché i musicisti non sono remunerati. Facciamo musica gratis e questo non è esattamente un motivante da certi punti di vista, soprattutto se ci devi vivere. E. Insomma, alla fine non ho molto altro da dire. Potrei raccontarti per 2 ore di fila perché ho fatto questa affermazione.

Foto di Chiara Lucarelli

C. L. Pensi però che di conseguenza sia cambiato anche il pubblico degli ascoltatori?

C. G. Anche lì, per come stanno le cose, sicuramente quello che succede è che i nuovi ragazzi di adesso, quelli che fanno la musica più mainstream, più commerciale, si uniformano tutti ad un unico suono, cercano tutti di andare a beccare quella che è la sonorità che funziona. Sono ragazzi che sanno molto bene che puoi puntare a far dei soldi, tanti o pochi non importa, e che questo succede però solo se fai milioni di ascolti in streaming. I ragazzi lo sanno meglio di noi. Io lo so perché sono dieci anni almeno che mi scontro con questa ingiustizia che abbiamo subito, quindi io sono dentro la problematica da tempo, ma noto che molti musicisti della mia generazione hanno iniziato a capirlo in questi ultimi due o tre anni che cosa sta succedendo con le piattaforme. I giovani invece lo sanno molto bene, ma non hanno un paragone con com’era prima, sanno com’era, ma non hanno vissuto l’emozione di fare una musica destinata a un oggetto chiamato disco che veniva venduto. Loro sanno che la loro musica viene buttata in rete e novanta volte su cento si perde in questo flusso enorme di informazioni al quale la gente non riesce a star dietro. Quindi la gente in realtà poi viene completamente addomesticata dagli algoritmi. Poi ci siamo io e quelli come me non che ci facciamo fottere dagli algoritmi. Io scelgo che cosa voglio ascoltare. L’algoritmo si permette ogni tanto di suggerirmi, ma io non lo seguo mai perché so dove andare a cercarmi le informazioni che mi servono. Il problema è che la maggioranza delle persone non fa così, e non mi riferisco soltanto a chi ascoltano musica mainstream, quindi ascoltatori abbastanza distratti e disinteressati alla musica, ma anche a molti di quello che una volta erano più interessati e ora si perdono all’interno di questo enorme contenitore che è Internet, si lasciano guidare, e di conseguenza perdono un sacco di musica che vale. Di musica buona ce n’è tantissima, e di eroi che suonano ancora, nonostante la gratuità del tutto, ce ne sono tanti, il problema è che la gente però non sa come intercettarli. Dovrebbe farlo decidendo di informarsi attraverso siti che parlano di musica, ma la gente non legge più, non si informa. Il gesto iconico che rappresenta questo momento pessimo che stiamo vivendo nel contesto sociale è lo scroll in avanti, in orizzontale, in verticale, lungo lo schermo di un cellulare o di un computer, ma durante lo scroll non ci si sofferma su nulla. La gente non legge più giornali, e poi si fa bellamente fottere dalla politica attraverso la propaganda. C’è un’enorme possibilità di manipolazione adesso, e infatti le parti cattive, anche della politica, ne hanno saputo approfittare molto bene.

Foto di Chiara Lucarelli

C. L. I Marlene Kuntz sono stati in assoluto il primo gruppo ad essere invitato a suonare all’interno della Domus Aurea, come è stata questa esperienza?

C. G. Mah appena siamo arrivati lì dentro e abbiamo visto quella sala… quando siamo entrati mi ricordo le facce sorprese di tutti noi… eravamo tutti divisi tra l’ammirato e l’intimorito, il riverente. Abbiamo immediatamente compreso il grande privilegio in quel momento di essere il primo gruppo al mondo a suonare lì. Fa quasi sorridere pensare a una cosa di questo tipo, no? Fortunatamente abbiamo onorato il tutto con una performance molto ispirata. È andato tutto molto bene e siamo anche stati molto bravi a non provocare nessuno “scrostamento di preziosità”. Proprio per questo motivo non abbiamo portato Sergio con noi con la batteria, perché avrebbe veramente potuto compromettere qualcosa. Abbiamo proprio scelto deliberatamente di fare una roba molto dilatata in orizzontale, non con picchi in verticale, e c’è stato solo un momento in cui ad un certo punto c’è stata una progressione che è salita un po’ di pochissimo, ma siamo stati molto attenti. Non era davvero nei nostri intenti rischiare di fare un danno. Ci mancherebbe altro…

Foto di Chiara Lucarelli

C. L. Ultima domanda: tu hai scelto di pubblicare il tuo disco solista “Mi ero perso il cuore”, in piena pandemia, quando molti altri artisti hanno invece preferito posticipare, ed attendere un momento più felice per la pubblicazione. Da cosa è stata dettata questa scelta?

C. G. Beh, intanto, per certi versi, i Marlene sicuramente avrebbero dovuto fermarsi proprio perché tutti si sono dovuti fermare, come sospesi. Quello quindi, se vogliamo, era un buon momento per  portare alla luce il mio disco solista, senza intralciare troppo. E poi c’è stata anche la valutazione di un’opportunità all’interno di una serie di rischi assunti, e cioè la valutazione del fatto che senza tante nuove uscite in contemporanea c’era più spazio per i media di occuparsi di te. Proprio perché se i media non hanno materiale di cui parlare in campo musicale, perché tutti sono fermi, quei pochi che hanno il coraggio di far uscire qualcosa di nuovo ricevono più attenzione. E poi vabbè, al di là di tutto ciò, che comunque non giustificherebbe un salto nel buio se il buio fosse realmente certificato, io lì ho deciso di uscire anche se c’era molta incertezza. Io l’ho fatto poi proprio prima dell’estate e molti speravano che l’estate avrebbe in qualche modo debellato una cosa che ancora non si capiva che cos’era veramente. Poi, chiaramente non solo è andata male per chi ha fatto quella scelta lì, ma in realtà poi il tutto si è propagato per tutto l’inverno. La situazione si è prolungata molto più a lungo del previsto e molti di nuovo si sono fermati, mentre altri invece in Ottobre-Novembre hanno scelto di pubblicare le nuove uscite. Fra l’altro, quelli che avevano scelto di non uscire in estate, sono coloro che poi sono andati ad ingolfarsi tutti in Ottobre-Novembre, quindi in quel momento c’è stata un’esplosione di uscite e lì si è venuto a creare il problema opposto. È successo infatti, che con così tante uscite in contemporanea, i media a quel punto non riuscivano ad occuparsi di tutti. Si tratta alla fine di piccole valutazioni di natura strategica che fa qualsiasi gruppo sulla faccia della terra. Non tutti te lo direbbero in un’intervista, io te lo dico perché mi andava di dirlo alle 11:00 di un sabato, alla fine di una intervista. Però credo che siano cose anche belle da far sapere alla gente, così che le persone si rendano veramente conto di che cosa vuol dire fare musica. Trovo che spesso ci sia anche troppa reticenza, a volte prima di dire le cose. 

C.L. Grazie per la sincerità allora ed anche ovviamente per il tuo tempo e la disponibilità. Un grande in bocca al lupo per il nuovo disco e per il tour e a presto!

Foto di Chiara Lucarelli

MARLENE KUNTZ: Karma Clima – progetto itinerante

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