Paradise Lost Testo di Guido Grillo – Foto di Giovanni Cionci
Unica data italiana per i Paradise Lost, il gruppo capitanato da Nick Holmes e Greg Mackintosh. Il Campus Industry Music di Parma è gremito, il pubblico è, in gran parte, costituito da una fan base giunta da ogni parte d’Italia, come rivelano gli accenti che si odono a luci accese. Quando si spengono, poi, non si ode altro che il muro di suono innalzato dalle band.
Hangman’s Chair
Tocca ai francesi Hangman’s Chair aprire le danze, compagni di etichetta dei Paradise. Lenti, cupi, violenti, come ogni doom band che si rispetti. Ottimo inizio.
Paradise Lost
Un’ora dopo giunge il momento dei loro padri putativi e l’atmosfera si fa ancora più cupa. Improvvisamente la sala si riempie, le luci si abbassano, sul palco solo le sagome dei nostri.
Buona parte della set list è composta da canzoni di Obsidian, ultimo disco, uscito nel 2020 per Nuclear Blast Records, che è entrato nella top 10 delle classifiche di molti Paesi. Loro, capostipiti del death-doom metal, giunti a quasi 35 anni di attività, con sedici album in studio, grazie a una vena inesauribile e influenze molteplici, sono tornati alle loro sonorità originarie ed il pubblico ha apprezzato.
L’intero concerto è un autentico manifesto di quel sound decadente che gli stessi Paradise Lost hanno contribuito a forgiare, ricamato dalle melodie desolanti degli arpeggi di Mackintosh, con le orchestrazioni in sequenza che determinano le atmosfere, sorretto da una sezione ritmica possente e precisa, guidato dalla voce di Holmes, pulita o distorta, melodica o in growl, unico neo, forse, della serata, perché soffre molto lo schiacciamento del muro di suono che innalzano i compagni. Con il disco ed il concerto, il quintetto inglese ci prende per mano e ci conduce in un mondo parallelo, fatto di visioni criptiche, ermetiche, toni gravi, alienazioni, passioni violente. Da questa fitta trama, a tratti si ergono melodie formidabili che il pubblico canta a squarciagola, alzando le braccia al cielo in un ideale abbraccio con quella che, per molti presenti, è evidentemente la band del cuore. Si percepisce una grande affezione, osservando i volti e la partecipazione dei presenti, la band, dal palco, lo percepisce e coglie il grande coinvolgimento che le viene tributato.
Tutto perfetto, eccezion fatta per una improvvisa ed inattesa conclusione, senza appello, senza un vero e proprio bis richiesto a gran voce. Le luci si accendono, il pubblico abbandona la sala a bocca asciutta, eppure, più che soddisfatto di aver avuto la conferma che i Paradise ci sono, rocciosi, oscuri, rabbiosi ed immaginifici come solo loro sanno essere.
Vi lasciamo alla gallery fotografica del nostro Giovanni “Gian Rock” Cionci.
https://www.paradiselost.co.uk