In occasione delle sue ultime uscite discografiche la nostra Chiara Lucarelli ha intervistato “Boosta” Davide Di Leo.
Chiara Lucarelli- Post Piano Sessions, il tuo progetto solista suddiviso in 6 EP, rappresenta però un corpus unico musicale. Puoi spiegare come ti sia venuta l’idea di portare alla luce quest’opera e strutturarla in sei parti distinte?
BOOSTA – Io amo la musica, e amo il suono.
Credo nell’assunto che sia la forma d’arte più fondamentale nella vita dell’uomo.
E’ uno stato naturale, quello del compositore, tirare fuori idee in forma grezza e poi cominciare a dar loro una forma.
“POST PIANO SESSION” possiamo definirlo la mia calligrafia attuale.
Tutti cambiamo pelle per conseguenza del fatto che cresciamo, cambiamo interessi, modifichiamo il pensiero e il ragionamento, evolviamo.
Questo concept album (perché di questo si tratta) è la mia mappa per guidarmi attraverso un viaggio che amo: il suono, il pianoforte e l’elettronica, le mie grandi passioni.
Un disco solo sarebbe stato come visitare luoghi dal finestrino di un treno, senza permettersi il tempo di scendere e provare a vivere un po’ meglio i luoghi.
Per fare la musica, e per ascoltarla, serve più tempo.
CL- Questo è il tuo terzo progetto solista. I tuoi lavori distaccati dai Subsonica sono tutti molto diversi tra loro, e sembrano nascere dalla voglia di sperimentare creativamente modalità diverse. Puoi raccontare cosa ti ha spinto ad intraprendere ciascuno di essi?
B-Urgenza e curiosità.
Sono due fari, come per gli aeroplani, finché li ho sempre a portata di sentimento, allora significa che sono ancora nel posto giusto.
Senza curiosità non ci sarebbe scoperta, e senza urgenza non c’è onestà in quello che racconti.
E’ il dovere di ogni artista, quello di essere il più onesto possibile.
Amo quello che faccio, se ne ho la possibilità, ne esploro ogni angolo.
CL- Post Piano Sesssions è un’opera che parte da una base di pianoforte per poi sfociare nelle sonorità della musica elettronica, idealmente mescolando suoni più “classici” a suoni più “moderni”. Se potessi scegliere qualunque location nel mondo che ospiti un live delle Post Piano Sessions, quale, a tuo parere, sarebbe la più adatta? E perché?
B-Qualunque luogo possa prendere la forma di santuario.
Il silenzio è una componente del suono imprescindibile, avere luoghi che la stimolano è come avere un luogo accogliente in cui predisporsi all’ascolto.
CL- Parlando di musica elettronica, e in particolar modo della tua musica, puoi parlare della strumentazione che utilizzi per i tuoi componimenti?
B-Il piano acustico (a volte “leggermente” preparato con carta e altri oggetti sulle corde)
E’ stato registrato utilizzando diverse tecniche microfoniche, convenzionali e non, ogni take di piano ha restituito in media otto tracce audio con risposte diverse.
A quel punto il materiale di partenza è tornato in studio da me.
E’ stato preso per quello che era, oppure tagliato, modificato quasi in modo acusmatico, perché potesse far dimenticare a tratti di essere un pianoforte e diventare invece uno strumento diverso.
La parte elettronica è figlia del mio hardware per lo più, significa che ho ancora bisogno di ruotare manopole sui pannelli per andare in cerca del suono di cui ho bisogno, il processo creativo non è quasi mai lineare. C’è sempre la fortunata possibilità che un momento di lavoro ti apra la possibilità di raggiungere un risultato completamente diverso da quello che avevi immaginato.
CL- Il concetto di musica come colonna sonora dei pensieri è un concetto a cui hai fatto spesso riferimento. È con questa idea in mente che hai concepito il nuovo album?
B-Sì. Credo fortemente che ognuno di noi abbia una colonna sonora, anche inconsapevole, e che ne abbia bisogno.
Ci serve per esprimerci e per comprimerci.
Per darci forza, per distrarci.
CL- E ancora sul tema della colonna sonora. Siamo abituati a pensare che la colonna sonora si utilizzi come accompagnamento delle immagini, ma tu hai condotto una trasmissione in cui la colonna sonora si accompagna alle parole dei libri… puoi raccontare quest’esperienza?
B-E’stato un regalo che mi sono fatto.
Il primo programma di Sky Arte Italia, e ne sono stato molto fiero.
Un format piccolo e semplice.
5 minuti.
Ho scelto una trentina libri, li ho raccontati per due minuti come se li stessi presentando a un amico per invogliarlo alla lettura, e poi mi sono seduto a suonarne quella che, per me, avrebbe potuto essere la sua ipotetica colonna sonora.
Le parole formano le frasi, le frasi diventano immagini, le immagini hanno un suono.
CL- Oggi ci troviamo in un periodo post pandemico, durante il quale molte certezze e punti fermi hanno vacillato, come pensi sia cambiato il pubblico della tua musica in questi anni? E quale messaggio cerchi di inviare attraverso le tue opere a chi ti ascolta adesso?
B-Io vorrei un piccolo pubblico che mi accompagni in questo viaggio.
Sono convinto che, per ogni composizione onesta, ci sia qualcuno che ne corrisponda il sentimento.
Mi piacerebbe molto vedere crescere questa parte in cui la gente ti si avvicina, nei dischi e dal vivo, perché ne ha bisogno.
La musica è uno strumento, gli strumenti, se non ci servono, non li usiamo, ma ci sono momenti della vita in cui ci sono indispensabili.
CL- Infine. Oltre alla produzione musicale, puoi vantare anche una ricca produzione letteraria. Musica e scrittura vengono utilizzate da te per canalizzare esigenze creative differenti? E in caso affermativo, quali?
B-Credo siano colori diversi davanti alla stessa tela bianca.
Esplorare altri linguaggi significa avere una paletta i colori a disposizione più ricca.
Poi diventa più facile rendere vivo il proprio racconto.