King Gizzard & the Lizard Wizard @Alcatraz di Giovanni Cionci.
Lo scorso 15 Marzo, noi di Relics Magazine abbiamo assistito allo show dei King Gizzard & the Lizard Wizard presso l’Alcatraz di Milano, unico appuntamento italiano per i fan della compagine australiana, almeno durante la tranche invernale del tour (li rivedremo il 22 Agosto al Parco della Musica di Padova).
Il locale è quasi sold out, gli spettatori sono molti e sovraeccitati, a riprova del grande seguito che la band può vantare nel nostro Paese.
Los Bitchos
Ad aprire la serata, le frizzanti Los Bitchos, quartetto tutto al femminile, composto da Serra Petale (chitarra), Augustina Ruiz (tastiere), Josefine Jonnson (basso) e Nic Cramshaw (batteria).
La band coinvolge subito il pubblico con un mix eclettico di sonorità che spaziano dal surf rock alla psichedelia, dal punk al funk ai ritmi latini. Un vero calderone di stili che le Los Bitchos riescono a combinare musicalmente con grande perizia, dando vita a brani molto divertenti e mai banali.
La loro capacità di tenere il palco ed intrattenere il pubblico è la ciliegina sulla torta per trasformare il loro breve show in una vera festa.
Davvero brave!
King Gizzard & the Lizard Wizard
Consueto cambio palco, e con qualche minuto di ritardo sulla tabella di marcia, giunge il momento del sestetto australiano.
Band giovane ma estremamente prolifica, avendo già pubblicato, in solo 10 anni oltre 20 album in studio (l’ultimo, Changes, nel 2022), i King Gizzard & the Wizard Lizard salgono sul palco tra le urla di incitamento ed eccitazione di un pubblico davvero calorosissimo, in visibilio quando appare il frontman della band, l’incontenibile polistrumentista Stu Mackenzie, e vengono aperte le danze sulle note della lisergica Robot Stop (tratta dall’album Nonagon Infinity del 2016).
La forza musicale dei King Gizzard è quella di essere davvero trasversali: mescolano continuamente stili ed influenze diverse ed apparentemente inconciliabili, dal progressive all’acid rock, passando per jazz, folk, funk, metal, addirittura musica microtonale. Il risultato è ogni volta spiazzante, rasentando spesso la genialità.
E sul palco i sei musicisti sono davvero una forza della natura, in primis Stu Mackenzie, che non fa che dimenarsi come un tarantolato per le due ore di show.
Assieme ai suoi compagni di band, Ambrose Kenny Smith (armonica, tastiere, percussioni, chitarra), Joey Walker (chitarra, tastiere) , Cook Craig (chitarra e tastiere), Lucas Skinner (basso), Michael Cavanagh (batteria), accompagna gli spettatori in un viaggio psichedelico senza scali, in cui le atmosfere orientali di Shangai e oniriche di Magenta Mountain cedono il passo alla brutale energia di Planet B e Gila Monster, per poi concludersi con le sferzate degli incalzanti riff di Gaia.
Gli australiani lasciano il palco dell’Alcatraz a testa altissima, tra applausi scroscianti, dimostrando di essere perfettamente in grado di trasporre sul piano scenico il proprio indiscutibile talento musicale, e rafforzando sempre più la propria posizione di punto di riferimento per le nuove generazioni di band “di livello”.
Con le dovute cautele..siamo davvero di fronte ai The Mothers of Invention del nuovo millennio?
Nell’attesa che ciascuno di voi possa trovare una risposta…vi lasciamo alla gallery fotografica del nostro Giovanni “Gian Rock” Cionci.
Questa la setlist dello show:
- Robot Stop
- Hot Water
- Big Fish Wasp
- Gamma Knife
- People – Vultures
- Persistence
- Hypertension
- Iron Lung
- Sadie Sorceress
- Shangai
- Magenta Mountain
- Hot Wax
- Planet B
- Mars for the Rich
- Gila Monster
- Gaia
Leggi QUI la nostra recensione dell’album L.W. (2021)