Intervista a LEON HENDRIX

Intervista a LEON HENDRIX di Paolo GUIDONE e foto di Giovanni “GIANROCK” CIONCI

Ciao Leon, è un vero piacere ed onore conoscerti …

(ci interrompe sorridendo) Ehy guys, don’t worry. I’m just a regular motherfucker!

Abbiamo letto il tuo libro autobiografico e l’abbiamo trovato stupendo, ce ne parli un po’?

Avete presente tutti i documentari e tutta la roba scritta finora nei libri? Viene tutto da me.

Io però non ho mai preso un solo penny da quella roba. In realtà non mi interessava molto, mi bastava che fosse roba bella.

Un giorno però ho deciso che se avevo  contribuito cosi tanto per altri, tanto valeva che scrivessi un “mio” libro!

Ma tutta quella roba non è che la punta dell’iceberg: ci sono un sacco di altre storie su Buster.

Era cosi che si faceva chiamare.

Sapete che lui è nato come John Allen? Il fidanzato di mia madre parti per la guerra è stette via cinque anni, cosi poi mio padre disse “Ehy, questo è il nome del fidanzato di tua madre!” e cosi lo chiamò James, ma non funzionò.

Nessuno lo chiamava James e tanto meno lui, che invece si faceva chiamare Buster.

Jimi era appassionato di fantascienza e all’epoca guardava serie come Flash Gordon e prese da li questo nome. Le serie duravano solo 15 minuti ma lui era sempre cosi eccitato di vederle, andavamo al cinema ogni sabato per vedere quei film.

Jimi era affascinato anche da tutto cio’ che riguardava lo spazio, sapeva un sacco di cose su stelle, pianeti e diceva che lui stesso aveva raggiunto la terra con un’astronave tanto tempo prima, e che aveva delle cose da dirci.

Ci diceva che aveva già vissuto altre vite, e questo perchè la vita è circolare, anche se non vogliamo ammetterlo.

Noi pensiamo di andare sempre in avanti, come in una corsa, ma non è cosi.

Io non so dove si trovi adesso Jimi, ma so che lui è “infinito”, perché la musica è infinita, la musica è il linguaggio di Dio.

Ogni essere umano, in ogni punto del mondo, su ogni pianeta, si muove quando sente la musica e Jimi capiva questo.

Jimi non è stato solo un musicista, è stato molto più di un musicista,  lui è stato un “messaggero”: la sua musica era cosi potente che restavi senza parole.

Una volta gli ho detto  “Jimi to sei un predicatore?” e lui: “ Si sono un predicatore” e il suo messaggio era mascherato dalla musica: l’infinito.

Anche Einstein quando faceva i suoi calcoli per la teoria della relatività espresse il concetto di infinito, lo stesso fece anche Michelangelo.

Nell’ultimo capitolo del libro di Einstein lui dice che senza musica non si potrà risolvere il problema dell’infinito.

Tutta la musica è infinito e puoi suonarla con appena 7 note: tutta la musica del mondo.

Anche solo con una corda, con una sola corda!, il piccolo Buster-James con una vecchia chitarra era capace di suonare, ci stava sopra per mesi, studiando e scoprendo le variazioni di tonalità, e questo prova che la musica è l’infinito.

Jimi era un’artista, gli piaceva dipingere e a volte disegnava sui muri e mio padre lo rimproverava “Ehy hai disegnato sul muro!”, mio padre era alcolizzato, come me.

Quando Jimi suonava, spesso mi dava dei fogli per disegnare cosi poteva tenermi sotto occhio, e mi ha insegnato a disegnare tanto che poi, durante le scuole superiori, mi son trovato a lavorare per la Boeing come disegnatore!

Ci lavorai vari anni, ma il lavoro era sempre uguale, ogni giorno, e mi ritrovavo a disegnare bulloni o cose del genere… cosi poi ho smesso, e per la mia famiglia ero diventato la “pecora nera”!

Ci hai parlato molto di Jimi, ma quale è stato il tuo ruolo nella formazione personale di Jimi?

Io avevo 6 anni, lui 10, aveva sempre il compito di sorvegliarmi.

Mia madre era morta e mio padre disse a Jimi “Ora sei tu il responsabile, devi pensare a lui!” ma Jimi aveva apena 10 anni!

Lui e’ cresciuto con un forte senso della responsabilità e si prendeva cura di me. Io stavo bene con lui.

Per molti anni non mi sono parlato con mio padre…

Ricordo che una volta avevo molta fame e piangevo per la fame, camminavamo da ore io e Jimi.

Una donna, una nostra vicina, ci vide e ci fece entrare a casa sua: ci fece mangiare, ci diede vestiti puliti.

Le donne hanno sempre avuto un grande significato per noi, siamo sempre stati accuditi da donne e ho molta fiducia nelle donne, forse per quel loro istinto materno di prendersi cura dei figli.

Molte donne del quartiere ci accudivano perché vedevano la situazione, era una sorta di comunità famiglia.

Ricordo che la signora Winstein, che abitava dall’altra parte della strada, spesso ci invitava ad entrare e ci offriva dei succhi di frutta e biscotti, e ricordo la signora Jackson, all’angolo, che ci offriva il pollo fritto.

Una volta mio padre si mise ad urlare, ubriaco, in mezzo alla strada “Dove sono i miei ragazzi!” e noi eravamo da queste signore, cosi la signora Jackson usci dalla porta urlandogli contro e dicendogli che era solo un alcolizzato e che lei si era invece presa cura di noi a differenza di lui e che doveva andarsene subito: mio padre non disse una sola parola, e se ne tronò a casa.

E’ cosi che ce l’abbiamo fatta.

Io e Jimi camminavamo per miglia e miglia mano nella mano, assieme al nostro cane di nome Prince, e jimi nell’altra mano aveva un registratore e ascoltavamo tutto il blues, Muddy Waters, Robert Johnson… tutto il blues immaginabile.

Camminavamo per miglia, senza una meta precisa, e Jimi si prendeva cura di me.

Sono quasi morto tre volte ed è stato Jimi a salvarmi ogni volta, lui si prendeva cura di me anche quando andavo alle superiori.

Jimi faceva sesso con molte ragazze nel periodo scolastico, e usciva mano nella mano con delle ragazze bianche e gli piaceva passeggiare nei quartieri dei bianchi , e io gli dicevo “ Dove cavolo stiamo andando ?!” infatti alcune persone spiavano dalle finestre e vedendoci pensavano “ Ah eccoli, sono ancora qui quei due!”, ma noi non facevamo nulla, a Jimi divertiva molto questo.

Lui mi portava sempre con se, ovunque, quando suonò per la prima volta nella Curtis band ero con lui, cosi come allo Spanish Castle di Seattle ero sempre con lui.

Tu e Jimi siete cresciuti col blues, che è stato il genere musicale per eccellenza di denuncia sociale per molte generazioni. Credi che questo genere sia ancora capace di assolvere quella importante funzione? Cosa rappresenta per te il blues oggi?

Il blues è stato lo sfogo dei neri e degli indiati che venivano sfruttati. Era l’unica cosa che avevano, la musica, per tenere vivo il loro spirito.

Senza musica lo spirito muore.

Senza sfruttamento la nostra immaginazione non salta fuori, e senza immaginazione non possiamo creare.

Noi veniamo al mondo come umani, ma poi ci sono gli esseri-umani.

I primi sono creati, i secondi sono creatori

Essere-umano è un duo, dove “essere” è sia un nome che un verbo allo stesso tempo. Tutti noi esseri-umani abbiamo dunque uno spirito, che ci ha dato Dio, e tutto quello che esiste in questo mondo è creato dagli esseri-umani non dagli umani-semplici.

La musica è entrata nella tua vita quando eri ormai adulto. Cosa significava per te la musica prima che Jimi diventasse “Jimi Hendrix”, e come mai hai deciso di suonare a 50 anni pur avendo avuto sempre la musica intorno a te?

All’inizio volevo suonare anche io, ricordo che chiesi a mio padre una chitarra come Buster.

Lui mi rispose “ Sei pazzo?! Mi hai preso per un idiota? Credi sia semplice? Tu non avrai mai una cazzo di chitarra, toglietelo dalla testa!” questo mi bloccò fino ai miei 50 anni.

Compiuti 50 anni, coi miei figli ormai cresciuti e separatomi da mia moglie, un giorno ho avuto una visione di “J” ( Jimi, n.d.r.) che mi chiedeva di continuare la sua musica e li ho sentito che il momento era finalmente arrivato.

La gente mi prendeva in giro per questa mia immaginazione, ma il segreto è proprio quello: senza immaginazione non si può creare.

La tua intera vita, Leon, è un ver e proprio romanzo!

Io amo la mia vita. Non sono ricco, perché la mia sorellastra si è accaparrata tutta la fortuna di Jimi assieme a mio padre, dopo una lunga battaglia legale e a me non hanno lasciato nulla.

Ora suono della buona musica, giro molto e vedo sempre nuovi posti e nuove persone, e questo mi basta.

In particolare, poi, so che Jimi è dalla mia parte…

Sapete, a volte sul palco, quando ho paura di sbagliare, dentro di me dico: “ Hey Jimi, per favore aiutami tu…” e magicamente la nota esce giusta!

Io parlo ancora con Jimi.


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Paolo Guidone

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