Wolfmother: Pistoia Blues Festival
(Testo e foto di Giovanni “Gian Rock” Cionci)
Domenica 9 Luglio, seconda giornata (almeno per noi) del Pistoia Blues Festival 2023. Nonostante il caldo torrido, tanti gli spettatori accorsi per assistere ad una delle serate clou del festival.
Giudi e Quani
Ad aprire la serata, Giudi e Quani, duo veronese composto da Giuditta Cestari (batteria e voce) e Francesco Quanili (chitarra): una vera e sorprendente esplosione rock, nonostante il minimalismo delle “forze in campo”, con la bella e graffiante voce di Giuditta supportata dalla chitarra di Francesco e, ovviamente dalla batteria: il risultato è davvero convincente, e l’esibizione scalda subito gli spettatori. Il duo presenta brani del primo album in studio (l’omonimo Giudi e Quani) più qualche anticipazione del nuovo Out of My Way, in uscita in autunno, e scende dal palco tra meritatissimi applausi. Bravi!







Gennaro Porcelli
E’ il momento di un vero bluesman, Gennaro Porcelli, forse uno dei più rappresentativi talenti del panorama blues italiano, che oltre ad essere chitarrista di Edoardo Bennato dal 2005, vanta uno straordinario successo anche all’estero, risultando apprezzatissimo proprio nella terra del blues per eccellenza, gli USA, ed una carriera costellata da collaborazioni illustri.
Assieme alla sua band, porta finalmente il blues sul palco di Piazza Duomo, con brani intrisi di tradizione americana, da Chicago a Memphis, passando per New Orleans. Commossa la dedica al Maestro ed amico Johnny Winter, icona albina del blues made in USA, scomparso nel 2014.
Magistrale!








Ana Popovic
Grande è l’attesa per l’artista successiva, una delle indiscusse regine del blues degli ultimi 20 anni: Ana Popovic. Blusa dorata tempestata di paillettes, minigonna e calze a rete, immancabili tacchi a spillo: la musicista serba, come da copione, porta in scena il suo sensuale personaggio che sicuramente non fa nulla per non attirare attenzione..ma è solo la punta dell’iceberg, perché la Popovic è soprattutto un manico da paura unito ad una voce blues calda e graffiante ed ad una grandissima verve. Accompagnata sul palco da una folta schiera di eccelsi musicisti (hammond, basso, batteria, sax, tromba e tre coriste), la Popovic da vita ad uno show davvero di classe, in cui la bravura dei singoli musicisti viene amalgamata e potenziata dalla sua voce e soprattutto dall’espressività del suo tocco sulla Stratocaster, vero epicentro sonoro dello show.
Brano dopo brano la blueswoman e la sua band mostrano di divertirsi un mondo, uniti dall’amore per la Musica. “Amo la mia vita” dichiara ad un certo punto “Noi siamo qui per darvi carica ed energia, ogni giorno: è un lavoro meraviglioso..e io voglio che ognuno di voi questa sera vada via da qui pensando “Voglio lasciare il mio lavoro. Voglio diventare un musicista”. E non potrebbe esserci augurio migliore.
Inimitabile!












Dirty Honey
E’ il momento di una delle rock band rivelazione degli ultimi anni, i giovanissimi californiani Dirty Honey. Con alle spalle un unico album in studio (l’omonimo Dirty Honey del 2021), la band di Los Angeles sale sul palco e subito cattura l’attenzione del pubblico: fin dal primo brano, l’accattivante California Dreamin’, la graffiante voce di Marc LaBelle stupisce gli spettatori, ricordando come timbrica, a tratti quella di un giovane Steven Tyler, a tratti, in minor misura, quelle di un giovane Axl Rose. I suoi compagni di band non sono certo da meno: John Notto (chitarra) attinge a piene mani, come stile, dalla storia dell’hard rock e del rock blues, da Hendrix a Slash, Justin Smolian (basso) e Jaydon Bean (batteria) forniscono il giusto supporto ritmico, carico, sempre puntuale e mai invasivo.
A tutto questo si unisce la grandissima capacità di interazione con il pubblico: tantissimo movimento sul palco, musicisti continuamente protesi verso gli spettatori, spesso in piedi sulle casse davanti al palco o addirittura nel pit.
A completare il quadro, l’energica carica rock dei brani proposti, che non brillano certo per originalità e capacità di innovazione, ma che comunque rielaborano e fondono insieme buona parte degli elementi classici della tradizione rock, confezionandoli in una mise accattivante e gradevole. Non manca, non a caso, una cover di Last Child degli Aerosmith. Una miscela davvero esplosiva, che non può che innescare a tempo zero la miccia del divertimento.
Esibizione davvero maiuscola per una band di cui sentiremo sicuramente molto parlare in futuro, che non solo non ha nulla da invidiare ad illustri coetanei come i Greta Van Fleet (il confronto, infatti, ovviamente, va fatto con band coeve, non certo con mostri sacri del passato che hanno creato generi e stilemi a cui tali band attingono a piene mani): anzi, avendo visto entrambe le band sul palco, chi scrive può affermare senza timore che, almeno dal vivo, come presenza scenica e capacità di coinvolgimento, i Dirty Honey sembrano dare parecchi punti alla band del Michigan.
Sensazionali!
Questa la setlist:
- California Dreamin’
- Rolling 7s
- The Wire
- Tied Up
- Heartbreaker
- When I’m Gone
- Won’t Take Me Alive
- Another Last Time
- Last Child (Aerosmith cover)











Wolfmother
Dopo la dimostrazione di classe dei giovani californiani, giunge il momento clou della serata. Si spengono le luci.. ed ecco salire sul palco il terzetto australiano, guidati dall’istrionico Andrew Stockdale.
La differenza con i giovani Dirty Honey si percepisce subito: ora siamo di fronte ad una band matura, con il SUO sound, granitico e tagliente, senza fronzoli, minimalista, diretto. I riff della chitarra di Stockdale, non scevri, anche nella pasta sonora, da reminiscenze sabbathiane, creano un vero e proprio muro, egregiamente sostenuto dalla sezione ritmica. Tutto lo show è tirato, non c’è un attimo per riprendere fiato con una ballade: inarrestabili, i Wolfmother lanciano sul pubblico tutta la loro carica di watt, battuta dopo battuta, brano dopo brano. E il pubblico va al tappeto, con pugni e corna al cielo, stordito e galvanizzato dalla foga e dalla classe degli australiani.
Buona parte della setlist attinge dall’omonimo, primo album Wolfmother (2015), ma non mancano brani tratti dagli album successivi, fino all’ultimo Rock Out (2021), alla cui title-track affidano il primo brano dell’immancabile encore, completato poi dalla cover di Rock’n’Roll dei Led Zeppelin, cantata a gran voce dal pubblico.
Un power trio davvero sopra le righe, che, ovviamente, né per genere né per “peso storico”, ma sicuramente per capacità di essere grintosi e diretti come un pugno in faccia, potrebbe ambire ad occupare l’incolmabile nicchia rimasta vuota dopo la morte di Lemmy e la conseguente fine dei Motorhead.
Eccelsi!
Questa la setlist:
- Dimension
- Rock Out
- Woman
- White Unicorn
- Apple Tree
- Stay a Little Longer
- Pyramid
- Vagabond
- Midnight Train
- California Queen
- Victorious
- Gipsy Caravan
- Feeling Love
- New Moon Rising
- Colossal
- Joker & the Thief
- Rock’n’Roll Survicvor
- Rock and Roll (Led Zeppelin Cover)
Vi lasciamo alla gallery del nostro Giovanni “Gian Rock” Cionci.











