LIVE REPORT – NAPALM DEATH, MASTER, PRIMITIVE MAN, WORMROT @ Slaughter Club – Paderno Dugnano (MI) 20-02-2024
scritto da Cerutti Giacomo
Dopo anni dall’apertura dello Slaughter Club ormai è risaputo che la musica violenta è di casa, stasera ne avremo sicuramente uno dei maggiori esempi, perché la Rocker Sound Agency ha portato sul palco i micidiali NAPALM DEATH.
Indiscussi patrioti del grindcore, esattamente un anno fa avevano già messo a dura prova il locale, nonostante l’assenza di Shane Embury e Mark “Barney” Greenway costretto con il piede ingessato, quindi stasera prevedo la distruzione totale.
Per scaldare il pubblico prima di loro si esibiranno i WORMROT e PRIMITIVE MAN, in origine dovevano suonare anche i Biermacht, i quali purtroppo hanno dovuto disdire ma in compenso, il loro posto è stato preso da una band icona del death-thrash americano, ovvero i devastanti MASTER.
Questi nomi dovrebbero essere esposti non come band, ma come segnali di pericolo di un evento al quale pochi sopravviveranno, quindi salutate i vostri cari e fatevi coraggio perché inizia il massacro!
A inizio serata il pubblico è già numeroso e la scossa iniziale viene sferrata dai WORMROT, one man band di Singapore fondata nel 2007 dal polistrumentista Rasyid, che in questo tour promuovono il quarto disco Hiss uscito nel 2022.
Partendo diretti con All Will Wither dimostrano subito la loro voglia di spaccare tutto, sfregiando il pubblico con raffiche di canzoni cortissime come da tradizione grindcore, Rasyid è una mitragliatrice di riff taglienti, miscelati con la martellante batteria percossa da Vijesh.
Questi soli due elementi, creano un sound davvero violento completato dal dirompente growl di Gabriel Dubko, sufficiente ad innescare il primo moshpit e un riscontro positivo, nei confronti del repertorio concentrato soprattutto sull’ultimo disco, e, alcune canzoni tratte dal penultimo Voices del 2016.
Il trio grazie alla sua potenza sonora e aggressività sul palco, è riuscito a generare un casino infernale sino all’ultima Glass Shards, conquistando il numeroso pubblico e raccogliendo meritati applausi, dimostrando di essere una forte rampa di lancio per la serata.
Setlist:
All Will Wither
The Darkest Burden
Broken Maze
Behind Closed Doors
Buried The Su
Eternal Sunshine Of The Spotless Grind
Fallen Into Disuse
Grieve
Sea Of Disease
Hollow Roots
Your Dystopian hell
Unrecognizable
Hatred Transcending
Pale Moonlight
Seizures
Voiceless Choir
When Talking Fails, It’s Time For Violence
Glass Shards
La serata prosegue con gli statunitensi PRIMITIVE MAN, trio nato nel 2012 con all’attivo il terzo disco Immersion uscito nel 2020, con loro si cambia nettamente genere passando allo sludge-doom metal, dove i ritmi frenetici rallentano drasticamente.
Sulle note di Menacing l’atmosfera si appiattisce, mentre prolungati accordi dilagano inesorabili, sonorità distorte e perforanti s’impossessano dei nostri timpani, scaturite dai riff di ELM e JPC al basso con l’aggiunta di sintetizzatori, i quali amplificano la distorsione che a seconda dei gusti, può essere ipnotica o fastidiosa.
ELM oltre a suonare la chitarra canta con un growl abrasivo, mantenendo sempre un andamento lento per brevi strofe, mentre le parti strumentali predominano con qualche rara accelerazione.
Complessivamente le canzoni non colpiscono particolarmente, sono abbastanza monotone e l’unico membro che si distingue, è il batterista JDL che sostiene la ritmica con parti di batteria decisamente più articolate.
Per l’intera esibizione il pubblico ascolta passivamente, solo durante le accelerazioni le teste iniziano a dondolare, comunque gli applausi finali non mancano sino alla conclusiva Victim, guardando la pesantezza della serata sinceramente erano fuori contesto, quindi non hanno riscosso il successo che avrebbero in un sicuramente in un evento più appropriato.
Setlist:
Menacing
My Will
Victim
Ora è il momento della seconda band più importante della serata, sulla breccia dal 1983 i mitici MASTER capitanati dall’inossidabile Paul Spekmann, prendono posizione accolti calorosamente irrompendo con l’omonima Master.
Improvvisamente il pubblico sempre più gremito si risveglia dal coma, esaltato dal muro di suono death-thrash che gli si rivolta contro, un ritorno alla ferocia old school che rimarrà costante per l’intera esibizione.
Nonostante abbiano pubblicato quest’anno il quindicesimo disco Saints Dispelled, non hanno proposto nessuna canzone nuova nonostante la buona occasione, dando spazio ai primi due dischi Master e On The Seventh Day God Created… Master, e, alle ultime produzioni.
Ovviamente toccare l’intera discografia è impossibile, ma posso assicurare che il repertorio è stato apprezzato con grande entusiasmo, con headbanging e moshpit molto accesi e fomentati dallo spietato trio americano.
Alex “93” Nejezchleba sprigiona riff e assoli come un lanciafiamme, mentre Peter Bajci nuovo acquisto entrato l’anno scorso, tortura piatti e pelli con potenza impressionante, infine le dita d’acciaio Paul scorrono sulle roventi corde del basso, legando stretta la ritmica e imponendo il suo growl strozzato.
Gli statunitensi concedendosi poche pause anche per sistemare i suoni, bruciano rapidamente il set con un’esibizione cruenta e senza compromessi, dimostrando di essere ancora una garanzia in sede live.
Il colpo di grazia giunge con Pay To Die dopodiché si ritirano a testa alta, mentre il pubblico li acclama con forti urla, applausi e cori, finalmente è pronto per il rush finale con i tanto attesi headliner.
Setlist:
Master
Subdue The Politician
Pledge Of Allegiance
Judgement Of will
Submerged In Sin
Terrorizer
Vindictive Miscreant
Re-Entry And Destruction (Death Strike cover)
Remove The Knife
Pay To Die
Amanti del metal estremo siamo giunti al momento più pericoloso della serata, i fans sono schierati in assetto di guerra perché ora non si scherza più, sta per iniziare l’unica esibizione italiana del “Campaign For Musical Destruction Tour 2024“.
L’entrata in scena dei terrificanti NAPALM DEATH genera un’ovazione, ma le urla sono subito spezzate da From Enslavement to Obliteration, che scatena il totale delirio che tutti stavamo aspettando ma anche temendo.
Con grande dispiacere il bassista fondatore Shane Embury, nemmeno stavolta ha potuto partecipare a causa di un infortunio, ma fortunatamente la sua assenza non ha influito sull’ottima riuscita dello show, un vero e proprio massacro!
I riff di John Cooke s’infilano nella carne come pezzi di vetro, Matt Sheridan (Syberian Meat Grinder) si rivela un buon sostituto di Shane, le sue linee di basso ribaltano le budella continuamente, mentre il massiccio Danny Herrera è un macellaio di piatti e pelli che fa tremare il palco.
Ogni componente è un ingranaggio ben oliato di una macchina da guerra, guidata dall’indomabile frontman Mark “Barney” Greenway, super dinamico gira per il palco come una palla da flipper, scuotendo il corpo come in preda a spasmi e sguardo allucinato, mentre la sua gola prende fuoco sputando grida corrosive.
Alfieri del grindcore dal 1983 hanno alle spalle diciassette dischi, di cui l’ultimo Throes Of Joy In The Jaws Of Defeatism del 2020, dal quale traggono bombe molotov come That Curse of Being in Thrall, Contagion e Backlash Just Because.
Dalla vasta discografia eseguono dalle ultime produzioni Taste the Poison, Next on the List, Resentment Always Simmers e The Code Is Red… Long Live the Code, anch’esse mazze di legno nello stomaco, mentre il resto è preso dai primi quattro dischi pietre miliari dell’hardcore punk.
Rise Above, Suffer the Children, Scum, You Suffer e Dead, giusto per citare alcune delle scosse telluriche che con il procedere fanno crollare le pareti del locale, mentre la platea assomiglia sempre di più a un tritacarne, la transenna è diventata una trincea.
Questo non è un concerto ma una lotta per la sopravvivenza, per quanto le canzoni siano corte i fans non ne hanno mai abbastanza, Barney e compagni gliele sbattono in gola come pillole di pura violenza dagli effetti micidiali.
Ovviamente non poteva mancare Nazi Punks Fuck Off dei Dead Kennedys, infine con Contemptuous pongono fine ad un’esibizione del massimo magnitudo, riducendo di nuovo lo Slaughter Club a un cumolo di macerie senza fare prigionieri.
Come previsto dalla premessa iniziale, il livello di pericolosità della serata è stato ai massimi livelli, grazie ai MASTER, PRIMITIVE MAN e WORMROT che con sangue e sudore, hanno sicuramente lasciato nel pubblico uno sfregio indelebile.
Cos’altro dire dei NAPALM DEATH? I mietitori del grindcore non hanno avuto nessuna pietà distruggendo ogni cosa, ringraziamo la Rocker Sound Agency e tutto lo staff dello Slaughter Club, per l’impegno dimostrato nell’organizzazione di questo fantastico evento, sperando in tanti altri futuri. Alla prossima!
Setlist:
From Enslavement to Obliteration
Taste the Poison
Next on the List
Contagion
Rise Above
Resentment Always Simmers
That Curse of Being in Thrall
Amoral
If the Truth Be Known
Backlash Just Because
Fuck the Factoid
Suffer the Children
Mass Appeal Madness
Scum
M.A.D.
Success?
You Suffer
The Code Is Red… Long Live the Code
Dead
Nazi Punks Fuck Off (Dead Kennedys cover)
Instinct of Survival
Contemptuous