GOD IS AN ASTRONAUT e JO QUAIL: live al Largo Venue

GOD IS AN ASTRONAUT e JO QUAIL: live al Largo Venue (testo e foto di Giovanni “GianRock” Cionci)

Il 16 Ottobre, al Largo Venue di Roma quasi non ci si muove: è sold out. L’aria vibra di attesa, e già dai primi minuti si capisce che non sarà una serata qualsiasi. Sul palco prima la violoncellista inglese Jo Quail, poi i maestri del post-rock irlandese God Is An Astronaut, in tour per presentare l’ultimo album Embers. Due mondi sonori diversi che, alla fine, si incontrano e si fondono in modo perfetto.

JO QUAIL
Sola sul palco, Jo Quail imbraccia il suo violoncello elettrico con una naturalezza disarmante. Con loop station ed effetti, costruisce lentamente un mondo sonoro stratificato, dove il tempo sembra dilatarsi. Ogni pezzo cresce per accumulo, come un respiro profondo: dalle prime note minimaliste alle strutture orchestrali che si formano dal nulla.
Il risultato è magnetico. Le sue composizioni non sono semplici brani, ma vere e proprie architetture emotive, in cui convivono tensione, grazia e improvvisazione. Il pubblico ascolta in silenzio, catturato da un suono che avvolge ed inebria allo stesso tempo.

GOD IS AN ASTRONAUT
Quando la band irlandese sale sul palco, il passaggio è netto: da un’atmosfera intima si passa a una dimensione cosmica. Chitarra, basso e batteria bastano ai God Is An Astronaut per creare un muro di suono preciso e avvolgente.
I tempi dilatati e le progressioni ascendenti sono il loro marchio di fabbrica. Le chitarre riverberate di Torsten Kinsella tracciano melodie sospese, il basso di Niels Kinsella aggiunge profondità, mentre la batteria, potente e controllata, di Lloyd Hanney, guida ogni climax con un’intensità quasi narrativa.
Il live scorre tra brani storici e nuovi estratti da Embers, in un equilibrio perfetto tra energia e introspezione. È musica che non urla, ma esplode per accumulo, come una marea che cresce e travolge.
Il momento più intenso arriva nel finale, quando Jo Quail torna sul palco per suonare insieme al trio. In Fragile, Oscillation, Embers e From Dust to the Beyond, le loro estetiche si fondono in modo naturale: il violoncello amplifica la componente emotiva del sound dei God Is An Astronaut, aggiungendo calore e profondità cinematica. Le ultime note si dissolvono nel silenzio, mentre il pubblico resta immobile, quasi in sospensione. Poi, un lungo applauso. È il segno che l’esperienza è stata condivisa fino in fondo: un concerto da attraversare, non solo da ascoltare.

Il Largo Venue conferma ancora una volta la sua vocazione per i live di qualità: suono limpido, luci curate, pubblico attento. Jo Quail ha stregato con eleganza e intensità, i God Is An Astronaut hanno trasformato la serata in un viaggio collettivo, tra sogno e tempesta.
Un concerto viscerale, profondo, da cui si esce leggeri e insieme pieni. Un’esperienza che resta, come la scia luminosa di una cometa nel buio.


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Giovanni Cionci

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